L’Atalanta e la sindrome degli ex: mentre Palladino cade a Napoli, Gasp e Sartori si prendono la scena
Sperare che il semplice avvicendamento tecnico potesse, come per magia, cancellare mesi di incertezze era forse utopistico. L'avventura di Raffaele Palladino alla guida della Dea inizia in salita, inciampando prevedibilmente al "Maradona". Non era certo la trasferta ideale per cercare il riscatto immediato: il Napoli di Antonio Conte ha trasformato il proprio stadio in un fortino inespugnabile da ormai dodici mesi e la sconfitta, per quanto dolorosa, rientra nelle logiche del campo. Il tecnico di Mugnano avrà bisogno di tempo per entrare nella testa dei giocatori e correggere le rotte, ma il calendario non aspetta e l’obbligo di risalire la china diventa ogni giorno più pressante, trasformando la sua missione in una corsa a ostacoli senza paracadute.
NOSTALGIA CANAGLIA – Tuttavia, se si osserva l’umore che filtra dai piani alti di Zingonia, si intuisce che il vero tormento non risiede tanto nel tabellino di Napoli, quanto nella lettura della classifica generale. Per la famiglia Percassi, gettare lo sguardo oltre le mura amiche è diventato un esercizio di autolesionismo. A rendere il cielo sopra Bergamo plumbeo è la radiosa cavalcata di due vecchie conoscenze che, lontano dalla Lombardia, stanno esportando quel modello vincente che sembra essersi inceppato proprio dove è nato. Il riferimento corre obbligatoriamente alla Capitale: vedere la Roma di Gian Piero Gasperini guardare tutti dall'alto in basso, capolista solitaria dopo dodici turni, è un colpo al cuore per chi ha condiviso con lui anni irripetibili.
LA PROVA DEL NOVE – Per anni, nei bar di Bergamo come negli studi televisivi, ci si è interrogati sulla genesi del miracolo orobico: merito della società o tocco magico dell'allenatore? E prima ancora, quanto pesava la mano invisibile di Giovanni Sartori? Oggi il campo sta fornendo risposte che sanno di sentenza. Mentre Sartori ha risvegliato le ambizioni di una piazza storica come Bologna, e il "Gasp" domina la Serie A, l'Atalanta si ritrova a fare i conti con la propria identità smarrita. La gestione post-triunvirato, affidata alle idee di D'Amico dietro la scrivania e, fino a poco fa, a Ivan Juric in panchina, non ha retto l'urto con l'eredità lasciata dai predecessori.
INVERSIONE DI ROTTA – La realtà è che la prima versione della Dea orfana dei suoi due principali architetti si è rivelata fragile, costringendo la proprietà a virare bruscamente su Palladino. L’ex tecnico del Monza eredita una situazione complessa: deve ricostruire non solo il gioco, ma l'autostima di un ambiente che vede i propri "segreti" fare la fortuna delle rivali. Resta da capire se il nuovo corso avrà la forza di affrancarsi da questi ingombranti fantasmi o se, paradossalmente, la prova che il ciclo d'oro fosse legato ai singoli uomini più che al sistema arriverà proprio ora che quegli uomini non ci sono più. Il tempo è galantuomo, ma nel calcio la pazienza è merce rara.








