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Cristiano Ronaldo è un fallimento o no? Conte, flop Champions o capolavoro in A? Pirlo, rivoluzione o disastro? Illusione o miracolo Milan? Le risposte agli interrogativi senza vie di mezzo del calcio italiano

Cristiano Ronaldo è un fallimento o no? Conte, flop Champions o capolavoro in A? Pirlo, rivoluzione o disastro? Illusione o miracolo Milan? Le risposte agli interrogativi senza vie di mezzo del calcio italianoTUTTO mercato WEB
domenica 21 marzo 2021, 09:01Editoriale
di Marco Conterio
Nato a Firenze il 5 maggio del 1985, è Caporedattore di Tuttomercatoweb. Già firma per Il Messaggero e per La Nazione, è stato speaker per RMC Sport e per Radio Sportiva

Cristiano Ronaldo è sempre uno dei due migliori giocatori al Mondo o ha imboccato il Sunset Boulevard? Andrea Pirlo ha portato rivoluzioni copernicane al calcio italiano, segnato il via di un nuovo corso o è semplicemente un fortunato studente di pallone, che grazie a quel che ha fatto in campo ha saltato la fila senza passare dal via, mostrando che l'inesperienza non paga dulcis in fundo? Antonio Conte e la sua Inter, è più quel che stanno facendo sull'unico binario italiano o il disastro d'Europa combinato già nel girone? Il gioco di Conte è la massima e solenne espressione del genio italiano, i pazienti guantoni tirati su all'angolo per poi dare il montante giusto all'ultima ripresa, o quel che resta di una filosofia oramai andata, passata, desueta? Gennaro Gattuso è tutto grinta e poc'altro, settanta milioni per Osimhen mal sfruttati, giocatori snaturati e una piazza che mal lo sopporta a ragione, o un allenatore che per il suo pane al pane e vino al vino, arriva dritto al cuore e fa rendere le proprie squadre costruite in modo non eccelso più di quel che meriterebbero? Stefano Pioli e il Milan: i sogni di gloria dello Scudetto erano, sono, leciti, perché Ibrahimovic è unico, perché di Hernandez non ce ne sono, perché Tomori, perché Kessie, perché Calhanoglu, perché Calabria e perché Donnarumma altrettanto, oppure era una mera illusione di una squadra che stava andando oltre le proprie possibilità e già la Champions sarà grasso che cola? Simone Inzaghi e Ciro Immobile, sono degni del grande salto, meritato a suon di risultati, trofei e prestazioni, o quando pensi d'essere uscito a testa alta dopo gli schiaffi Champions, quando alla fine c'è sempre qualcuno che viaggia più di te nonostante il tuo progetto sia quello che va sullo stesso binario consolidato da più tempo, forse il gradino più alto è quello dove già metti scarpe e tacchetti? Paulo Fonseca merita di non finire in prima pagina, ogni dubbio, ogni critica, un futuro altrove che per molti è già scritto e meritato, oppure è ingiustamente poco considerato per quel che vale, per quel che sta facendo e tirando fuori da una rosa non all'altezza delle migliori quattro? Roberto De Zerbi, un genio o un venditore di tattiche vuote? Vincenzo Italiano, rivoluzione o ennesima illusione? I numeri e i giovani del Parma, ingenua speranza o il futuro del calcio?

Non c'è mai una risposta univoca. Non c'è un'unica strada nella vita se si pensa però che non ci debbano essere neppure questi eccessi. Pirlo non è Copernico ma neppure il capo ufficio raccomandate. Cristiano Ronaldo è il miglior giocatore del campionato ma l'età passa per tutti. Conte ha dimostrato da sempre che in Italia sa dettar legge e che fuori fatica. Pioli ha fatto un capolavoro ma strutturalmente la squadra è all'inizio di un percorso nuovo e diverso. Gattuso non merita il fiume di critiche con cui spesso Napoli lo avvolge ma sa bene che saranno i risultati a giudicarlo e che se ha valorizzato alcuni giocatori, lo stesso non si può dire di altri. Fonseca è arrivato coi dubbi e con questi se ne andrà, immeritati, perché è serio, lavoratore, concreto, anche se come per Gattuso sarà il campo a emettere l'ultima sentenza. Inzaghi rinnoverà con la Lazio ma per quel che ha fatto negli anni, per le qualità che ha dimostrato nel percorso fatto a Roma, piuttosto che in questa ultima stagione che merita i soliti elogi ma anche scossoni per ripartire come un tempo. Vedere il calcio di De Zerbi, il coraggio con cui imposta dal basso, l'arma con cui lui, e pure Italiano pure con un'impostazione certamente diversa, fa della difesa la prima forma d'attacco e dell'attacco e del possesso la prima forma di difesa, è bello. E' spregiudicato, spesso un azzardo, ma quel che può passare per supponenza è invece rispetto del gioco e pure dell'avversario. Hanno il loro metodo, così come Luca Gotti a Udine ha nel primo non prenderle, e poi andare in transizione, la sua strategia. L'Italia è la patria della tattica, o almeno così è sempre stato finché la Germania adesso e prima ancora la Spagna non hanno deciso di provare a far qualcosa di nuovo e di diverso, tra tiki taka e gegenpressing. Però son stati bravi a farlo suo e figuriamoci pure Gasperini. Già. L'Inter come grande già toccata e come chance già sprecata, come unico gettone per il Paradiso già spedito al vento, o questi anni all'Atalanta come dimostrazione che pur nei suoi integralismi è un allenatore unico e innovatore?

Le risposte del campo Le risposte le dà sempre il campo ma anche quello è figlio di molte storie. Sono i racconti a poter avere toni diversi, e qui nel calderone dei responsabili ci siamo tutti. E' che spesso la voglia di epica, di novità, di qualcosa di diverso, travolge e colpisce. Come quando speri di aver trovato un nuovo amore, come la prima volta che metti i piedi su una nuova terra, che assaggi un altro sapore. Tuffarsi nello sconosciuto, o nell'inatteso, che sia il Milan primo, il fraseggio del Sassuolo, la tesi di Pirlo, Conte che è ancora primo, lo Spezia che batte i rossoneri, un gol straordinario di Vlahovic, l'Atalanta che se la gioca nell'Olimpo della Champions, fa accelerare il battito. Speri che sia quella volta, quella giusta, e la prima pagina, il titolo, la voce che s'increspa, il tifoso che applaude, il post che enfatizza, sono frutto di questo. Della ricerca della sorpresa, del bello e del nuovo. Però poi c'è una lucidità che non andrebbe persa, un'analisi che andrebbe fatta, una storia che andrebbe riportata sui binari della ragione. Perché il calcio è emozione e renderla tutta raziocinio, fredda analisi, numero e calcolo, ridurrebbe uno sport che in questi periodi strazianti è pure ovattato, ancor più algido. Tra popolare e populista c'è tutta la differenza del mondo che intercorre tra questi due universi. Il calcio italiano non vive il migliore dei suoi momenti e forse servirebbe qualcosa di diverso, un po' più di coraggio, per ritrovare vigore. La Juventus ci ha provato con un allenatore inesperto, l'Inter andando a prendere lo storico nemico di sempre in panchina, il Milan riportando a casa Ibrahimovic ma riaprendo un ciclo coi giovani. Sembra una prima presa di coscienza.

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