In C a tratti gioco intimidatorio con la complicità di arbitri inaffidabili
Editoriale di oggi che si apre con una riflessione a 360° sul mondo del calcio, sulla classe arbitrale e, di conseguenza, con quanto accaduto nelle ultime partite della Salernitana. Facciamo una premessa: in Italia c’è la tendenza per i calciatori a simulare un fallo al minimo contatto con l’avversario. Fin dalle giovanili ci sono allenatori che insegnano a cadere in maniera convincente appena si viene toccati con l’intento di ingannare l’arbitro e guadagnare una punizione o addirittura un rigore se in area. Così, tra finti infortuni, perdite di tempo del portiere su rinvio dal fondo, rimesse laterali e quant'altro, nella Serie A italiana si gioca meno rispetto ai campionati top europei. Le disposizioni dei vertici dell’A.I.A. sono chiare: favorire lo spettacolo, diminuire i fischi di interruzione, stroncando in particolare gioco ostruzionistico e simulazioni. Questi gli indirizzi trasmessi agli arbitri durante gli incontri periodici, ben recepiti da direttori di gara di qualità (purtroppo pochi), che cercano di metterli in pratica sui terreni di gioco. Purtroppo, considerata la scarsa qualità degli organici, l’applicazione delle disposizioni finisce per creare disastri il più delle volte.
Il risultato? Falli evidenti, ammonizioni mancate e risultati falsati, soprattutto se gli errori sono nelle aree di rigore. L’arbitro che non fischia pensa di essere bravo a non cadere nel tranello delle simulazioni, invece si rende complice di squadre che picchiano come fabbri, favorendo il gioco duro e talvolta falsando il risultato finale. E’ accaduto in Salernitana Casertana e anche domenica pomeriggio a Latina. Purtroppo siamo in C e se gli arbitri della A sono nell’occhio del ciclone, figuriamoci quelli della nostra categoria. Scappiamo da questo inferno, dunque. Perchè, grazie agli errori clamorosi di questa società, oggi vediamo piccole realtà che ci affrontano col sangue agli occhi - sportivamente parlando - e tesserati che sfruttano la vetrina della grande piazza per guadagnarsi 90 minuti di visibilità. Fa sorridere che il tecnico della Casertana faccia riferimento all'arbitraggio quando, con un direttore di gara severo e di caratura superiore, forse la sua squadra avrebbe giocato in 10 già dopo mezz'ora del primo tempo. E a Latina sono stati concessi 5 minuti di recupero dopo che almeno quattro calciatori in maglia nerazzurra hanno trascorso più tempo con lo staff medico che con i compagni. Uno spettacolo indecoroso e irrispettoso per i 2600 tifosi che hanno avuto il coraggio e la forza di seguire in trasferta i granata. Da qui apriamo un altro discorso che mi vede un po' in controtendenza col pensiero collettivo.
Ma è davvero cosa buona e giusta essere in 13mila in casa, in migliaia in trasferta e garantire tutto questo amore ai calciatori dopo lo scempio delle ultime stagioni? Sta passando il messaggio che è del tutto normale fare mercato senza budget, retrocedere perdendo tutte le partite, subire 200 gol in 3 anni, fare acquisti con l'algoritmo, prevedere gli abbonamenti più cari d'Italia, chiudere le porte degli allenamenti e non parlare alla città e alla stampa quantomeno per scusarsi per le promesse non mantenute. Tuttora la Salernitana non è una corazzata e se un allenatore si ritrova a schierare un Primavera per provare a vincere una gara è evidente che il problema sia lo stesso delle passate stagioni. Il mantra è sempre lo stesso: "A gennaio prendiamo 2-3 giocatori forti e vinciamo il campionato". Ma questa gente ricorda che, in A, eravamo a -2 dalla salvezza e ci propinarono Weismann, Boateng, Pasalidis e Pellegrino? E ricordano che Valentini esultava per la firma di Girelli, Guasone e Cerri? Vorremmo avere lo stesso ottimismo di chi ha ancora fiducia in chi ha infranto il nostro sogno riportandoci a trasferte col bus di linea e non più all'Olimpico o a San Siro.






