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Di Biagio: "Andai alla Lazio grazie a Marotta. Vi racconto la mia avventura con l'Arabia U23"

Di Biagio: "Andai alla Lazio grazie a Marotta. Vi racconto la mia avventura con l'Arabia U23"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
Oggi alle 17:08Serie A
di Dimitri Conti

L'allenatore Luigi Di Biagio è stato intervistato da Radio TV Lega Serie A, partendo dalla sua nuova avventura da Ct dell'Arabia Saudita U23: "È nata questa opportunità con Roberto Mancini. Mi ha chiesto di occuparmi dell'Under 23 dell'Arabia Saudita. Lui ha lasciato mentre io sto proseguendo e scoprendo ogni giorno un'altra cultura e un altro modo di intendere il calcio".

Ci racconta i suoi inizi?
"Ho passato la mia adolescenza alla Lazio fino all'esordio in Serie A contro la Juventus. Mi sono trasferito a Monza dalla Primavera della Lazio grazie a Beppe Marotta, in pochi lo sanno".

E del Foggia di Zeman che ricordi ha?
"Foggia è stata una tappa fondamentale per la mia carriera a 21 anni. Avere Zeman come allenatore è stata una grande fortuna. Coraggio, lavoro, calcio offensivo. Ho scoperto tutto questo. Arrivò anche la convocazione in Nazionale a 22 anni con Baggio, Baresi, Maldini. Non ci credevo. In quegli anni si parlava di Foggia ovunque, giocavamo benissimo. Avevo sempre tante soluzioni in campo giocando da centrocampista centrale. C'erano giocatori di altissimo livello. Kolyvanov, Stroppa e Roy erano impressionanti".

Poi la Roma.
"All'inizio non è stato semplice per i trascorsi laziali, alla lunga mi hanno apprezzato e amato e ancora oggi sento l'affetto dei tifosi. Un Roma - Inter 1 - 0 con mio gol su rigore e qualificazione in Coppa Uefa spostò gli equilibri. Da lì cambiò qualcosa e il ritorno di Zeman mi aiutò ad essere ulteriormente protagonista. Fu una svolta, anche per la Nazionale, venivo sempre convocato. La mia era una Roma che stava nascendo e stava crescendo uno dei più forti di sempre che aveva 21 anni, Francesco Totti. Possiamo dire che ho contribuito al percorso che portò poi allo scudetto".

Che rapporto aveva con la famiglia Sensi?
"Il Presidente era uno di noi, stava con noi, era con noi nello spogliatoio. Il primo giorno a casa Sensi Rosella mi accolse come un fratello offrendomi il caffè. Era una famiglia presente, sempre. Ancora oggi con Rosella ricordiamo questo aneddoto".

Dopo arrivò l'Inter.
"A Milano i derby sentendoli meno rispetto a quelli romani li giocavo meglio e facevo spesso gol. Subito sintonia con l'ambiente nonostante Ronaldo e Vieri si fecero male il primo anno e questo complicò le cose. Porto dentro di me l'orgoglio di aver vestito la maglia nerazzurra, prestigiosa, blasonata, riconosciuta nel mondo. La gestione di Moratti era molto simile a quella di Sensi".

E la Nazionale cosa ha significato per lei?
"Quattro CT diversi (Sacchi, Zoff, Maldini, Trapattoni), ognuno aveva il suo modo di pensare. Era un'Italia di campioni. Non solo il gruppo ma la scelta del singolo faceva la differenza. Carisma e personalità di tutti gli allenatori che ho avuto. Due Mondiali e un Europeo nel curriculum non li hanno tutti. Esperienze indelebile nonostante qualche dolore che rimane indelebile. A volte devi trovarti nei posti giusti nei momenti giusti".

Ci parla della sua carriera da allenatore?
"Dopo Brescia e Ascoli da calciatore ho iniziato a studiare da allenatore con grande curiosità. Ho allenato un po' di squadre dilettantistiche a Roma, ho fatto l'osservatore per Ciro Ferrara in Nazionale e poi è arrivata la chiamata di Arrigo Sacchi e Demetrio Albertini prima per allenare l'Under 20 e poi per l'Under 21. Negli 8 anni di esperienza ho deciso di far giocare calciatori anche sotto età per farli arrivare pronti nella Nazionale Maggiore. Mancini è diventato Campione d'Europa con 16 giocatori che ho allenato nell'Under 21 (Bastoni, Barella, Pellegrini ecc...). Ne sono molto, molto orgoglioso. Con Roberto (Mancini) abbiamo un rapporto straordinario. C'è stata anche quella esperienza ad interim da C.T. con Argentina e Inghilterra, già però sapevo che sarebbero state solo due partite e contento appunto che sia arrivato Mancini subito dopo".

E da ct invece?
"Nel club puoi plasmare il giocatore, cambiare anche i ruoli, capire cosa serve alla squadra. Da C.T. devi capire se il calciatore è adatto al calcio internazionale. Il vantaggio è che ti puoi scegliere il giocatore adatto al tuo modulo e al tuo modo di intendere il calcio. Guardi tantissime partite, anche in Arabia vedrò più di 300 partite in un anno".

Come ci si relaziona con i giovani?
"La predisposizione al lavoro deve essere la qualità più importante, decisiva per un giocatore. Alcuni potenziali campioni non l'hanno avuta, altri ragazzi "normali" che sembravano non avere caratteristiche da top player, sono arrivati molto lontano. Con i giovani abbiamo necessità di assorbire e carpire tantissime informazioni, dai loro allenatori, dai preparatori, per poter entrare nella loro testa e analizzare come i loro pensieri, i sogni e le necessità".

Se dovesse comporre il podio degli allenatori più importanti della sua carriera?
"Zeman, Mazzone e Lippi sono sul podio degli allenatori della mia vita. Insegnamenti umani e professionali che mi hanno formato e porterò sempre con me".

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