Thiago Motta e quel 2-7-2 che suscitò ilarità e perplessità e ora è il segreto del Bologna

Quando Thiago Motta venne chiamato dal Genoa nell’ottobre del 2019, un’avventura che durò appena nove gare e terminata con l’esonero a dicembre, l’italo-brasiliano mise subito in chiaro di avere una visione innovativa del calcio parlando del 2-7-2 come modulo della sua squadra giustificandosi in parte con un “per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra”. Un’idea tattica che aveva fatto pensare a una provocazione, anche perché il tecnico considerava anche il portiere nel modulo, fra i sette in mezzo (“Io il portiere lo conto in quei 7 in mezzo al campo”), e che molti all’epoca avevano paragonato al 5-5-5 di Oronzo Canà nel noto film degli anni ‘80.
Se allo Spezia Thiago Motta sembrava aver messo, anche per questione di obiettivi, almeno in parte in soffitta la sua idea di un modulo così estremo sulla carta, seppur dimostrando di saper variare uomini, ruoli e moduli predefiniti, a Bologna lo scorso anno e ancor di più in questa stagione si è vista la realizzazione di un’idea che poteva sembrare fuori dal mondo.
Skorupski infatti è stato chiamato sempre di più a fare il regista, anche prendendosi rischi più o meno calcolati, dialogando con i due centrali o con un Freuler divenuto in breve tempo inamovibile per il suo ruolo di equilibratore in mezzo al campo. Calafiori è stato un altro uomo chiave della mutazione di un modulo sempre più fluido che non dà punti di riferimento agli avversari: che sia schierato da terzino o da centrale il suo lavoro di accompagnamento dell’azione resta sempre costante con nel secondo caso Posch tenuto più bloccato nel due dietro. E poi la densità in mezzo con Ferguson, ora ai box per infortunio, a legare il gioco dalla difesa all’attacco, gli esterni a spingere, sovrapporsi, scambiarsi e tagliare in mezzo il tutto alle spalle di uno Zirkzee che oltre a fare il centravanti si traveste anche da fantasista lasciando spazi ai compagni per affondare i colpi in area. Un gioco dove tutti sono protagonisti, dove non ci sono più ruoli fissi veri e propri, che ha portato il Bologna a giocare un calcio che affascina e diverte in cui la solidità difensiva e l’efficacia offensiva sono bilanciate in maniera perfetta: un'organizzazione di gioco che ha permesso a quasi tutti di andare a segno, gli ultimi Posch e Ndoye a Napoli, e che ha permesso al Bologna di ruotare tutti gli uomini senza mai far sentire l'assenza di qualcuno. Tanto da regalare alla piazza un Champions League sessanta anni dopo l’ultima volta nell’allora Coppa dei Campioni.
