Paparesta: "No al reset totale Gravina-Mancini. Troppi club nel professionismo"


L'arbitro e dirigente Gianluca Paparesta ha così parlato a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini, iniziando dai problemi del calcio italiano: "Mancare due Mondiali consecutivi è pesante e incide sulle possibilità dei settori giovanili di reclutare sempre più giovani interessanti. Se una fascia d'età non vede la propria nazionale, può esserci un calo. Gravina ha indicato una delle problematiche più importanti, la presenza sempre più consistente degli stranieri nei settori giovanili. I nostri ragazzi non crescono perché non si aspetta più, si vuole il giocatore pronto. Il problema è soprattutto lì, una ricerca spasmodica del risultato che sacrifica il talento".
La prima responsabilità è dei club?
"Intanto ci sono molte proprietà internazionali, poi il loro obiettivo è trovare profili pronti e fare plusvalenze: non devono per forza svolgere un'attività di formazione o almeno non esclusivamente. A mettere dei correttivi deve essere il sistema, a tutela dei ragazzi italiani. Però non credo si possa chiedere ai club di sua spontanea volontà, per fare un esempio, di non prendere un Kulusevski per aspettare qualcun altro. Semmai deve essere la Federcalcio a stabilire regole più ferree".
Giusto andare avanti con Mancini? Si aspettava un passo indietro di Gravina?
"Rispetto a 4 anni fa la situazione è diversa, c'erano problemi nel gruppo e lontananza tra allenatore, staff e alcuni giocatori già deflagrati prima della Svezia senza che la Federazione potesse trovare rimedio. In questo caso è stato dimostrato che sono tutt'uno, seppure non sia servito per arrivare al risultato. Siamo stati anche molto penalizzati da singole situazioni... Non mi aspettavo un reset totale, si è lavorato molto in questi anni per un sistema che ha bisogno di una guida salda sia per le linee tecniche che su aspetti amministrativi e societari. E non è un caso che di certe problematiche si occupi sempre più la giustizia ordinaria al posto di quella sportiva".
Vede possibilità di lavorare alla base?
"Come dicevo spero non sia un reset, almeno non per le basi del programma di Gravina, che prevedeva innanzitutto la riduzione delle squadre professionistiche. Un tema su cui ci sono resistenze interne. Ci sono realtà che andrebbero premiate: una volta ho avuto il piacere di essere ospite del Sudtirol a Bolzano e si capisce quanto siano una società molto seria, con investimenti sportivi e strutturali. Invece ce ne sono altre, anche in grosse piazze, che pagano frenesia e necessità di salire a tutti i costi... Vi invito a vedere qualche bilancio in Serie C, soprattutto nel girone C, e capirete che perdite ci sono ogni anno".
Al calcio italiano servirebbe la figura del Varista?
"Intanto dico che finalmente con Rocchi, in una conferenza stampa nella quale è stato fatto ascoltare il commento del VAR sugli errori, si ha quella trasparenza che nell'era Trentalange non si era ancora manifestata se non con commenti di episodi risalenti ad anni fa. Invece si sta dimostrando che ci sono errori, causati da arbitri magari non pronti in quel momento nonostante un trascorso di campo. Chi sta davanti allo schermo per giudicare le immagini deve avere una preparazione diversa, senza farsi prendere dalla frenesia di comunicare immediatamente. Il secondo step è la qualifica dei cosiddetti "varisti", meglio se sono arbitri che non fischiano più. In un certo modo gli errori sarebbero anche meglio accettati dal sistema calcio".
Chi il miglior arbitro italiano?
"A volte succedono episodi talmente sfortunati che, penso a Guida, non solo non vedono gli arbitri ma neanche chi gli è di supporto. Chi oggi dà sicurezza e dialogo è Doveri, meno arrogante di qualcun altro".
