Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroMondiale per ClubCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomocremonesefiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilannapoliparmapisaromasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloturris
Altri canali mondiale per clubserie bserie cchampions leaguefantacalciopodcaststatistiche

Vittorie, stile e disciplina: la lunga storia d'amore juventino della leggenda Boniperti

Vittorie, stile e disciplina: la lunga storia d'amore juventino della leggenda BonipertiTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
venerdì 18 giugno 2021, 09:00Serie A
di Pietro Lazzerini

Giampiero Boniperti non era solo una bandiera juventina, era una leggenda. Un simbolo della Juventus e un monumento dell'intero movimento calcistico del nostro paese. Il simbolo di un calcio che non esiste più, un calcio romantico che si legava ai suoi idoli con un doppio filo eterno. Quando i giocatori non erano solo figurine ma anche uomini, quando un campione come Boniperti poteva fermarsi per strada e parlare alla gente. Colui che coniò la frase che riecheggia all'interno dell'Allianz Stadium ogni volta che i giocatori juventini scendono in campo: "Vincere non è importante, è l'unica cosa che conta".

Avrebbe compiuto 93 anni tra pochi giorni il "presidentissimo" juventino, ma nella notte gli è stata fatale un'insufficienza cardiaca. Anche la firma del suo contratto con la Juventus ha qualcosa di leggendario: Felice Borel, allenatore bianconero il 22 maggio del '46, gli mise la penna in mano nel sottopassaggio del Comunale dopo un'amichevole tra le riserve e il Fossano che terminò per 7-0. Con sette reti firmate proprio da Boniperti. Da lì, una eterna storia d'amore, fatta prima di gol e assist e poi di tempi di gioco a centrocampo. Con la maglia della Juventus vinse cinque scudetti e due Coppe Italia, formando con Sivori e Charles, uno dei tridenti più spettacolari della storia del calcio.

Nella sua carriera ha anche rifiutato varie proposte pur di restare alla Juventus, compresa quella del Torino di Valentino Mazzola: "Sono della Juve, non posso", disse faccia a faccia davanti al presidente granata Novo. Lasciò i campi da gioco dopo un 9-1 contro l'Inter che mandò in campo i ragazzini per protesta: era il 1961.

Manco a dirlo, rimase all'interno della dirigenza e nel 1971 divenne il presidente della Juventus. Mise lo stile Juve al centro del proprio compito presidenziale, oltre a quello di portare i bianconeri in cima al mondo. Disciplina e onore per la maglia. Vinse più che da giocatore, ovvero la Coppa dei Campioni, la Coppa Uefa, la Supecoppa europea e la Coppa delle Coppe. Un dirigente tutto d'un pezzo che trattava con i giocatori rinnovi e ingaggi in prima persona.

Le dimissioni, dopo quasi 20 anni di presidenza, arrivarono nel 1990, quando cioè i bianconeri decisero di affidarsi a un nuovo (e brevissimo) corso, targato Gigi Maifredi. Dopo una breve avventura come capo delegazione della Nazionale, tornò per ricoprire il ruolo di amministratore delegato per tre anni, vincendo un'altra Coppa Uefa. Fuori per qualche anno nell'epoca di Giraudo e Moggi, ricoprì nuovamente un ruolo all'interno della Juventus come presidente onorario subito dopo Calciopoli. Ruolo che lo ha accompagnato fino all'ultimo saluto di questa notte.

Primo piano
TMW Radio Sport
Serie A
Serie B
Serie C
Calcio femminile