Dalla Cina all'annata disgraziata a Benevento: Cotugno racconta Cannavaro

Ormai da anni nello staff di mister Fabio Cannavaro, il preparatore dei portieri Franco Cotugno ha condiviso con l'ex campionato del mondo anche la sua prima esperienza italiana, che ha visto Cannavaro sulla panchina del Benevento per un breve periodo.
Raccontato, con ampia panoramica anche sulla categoria, dallo stesso Cotugno in esclusiva ai microfoni di TuttoMercatoWeb.com.
Un'annata disgraziata per il Benevento: a mente fredda, come se l'è spiegata?
"Il calcio non è una scienza esatta, ci sono cose che non hanno sempre spiegazione: la rosa del Benevento, ed è sotto gli occhi di tutti, non era da retrocessione, ma purtroppo l'annata è coincisa con il rendimento un po' sotto le aspettative di quei 4-5 giocatori estremamente importanti. Credo questo abbia fatto la differenza. Ma non voglio però sentire parlare di fallimento, perché il fallimento è di chi non opera: le critiche possono starci, chiaramente, fanno parte del nostro mestiere, ma la società ha fatto il possibile per salvare la stagione. Anzi, voglio ringraziare tutto l'ambiente e la società, che per altro mi ha fatto nascere come calciatore circa 30 anni fa con una importante C1, e in modo particolare il gruppo di portieri, che ho avuto il privilegio di allenare".
A proposito di portieri, in Serie B chi l'ha colpita?
"Paleari e Manfredini, al netto della retrocessione, sono due profili davvero molto validi, ma sono rimasto molto sorpreso da Caprile del Bari e da Turati del Frosinone, oltre poi dal quel ragazzino del Parma... Buffon, si chiama, sentiremo parlare molto di lui! (ride, ndr) A parte le battute, in Italia c'è stata fortunatamente una rivalutazione del ruolo e della scuola portieri, si vede anche in Serie A: Meret, Vicario, Provedel, Terracciano, Silvestri. Tutti profili di vero livello, si sta investendo di nuovo molto sulla formazione".
Formazione di cui lei è capostipite...
"È vero, nel 2003 ho fondato il primo stage di perfezionamento di portieri nel Sud Italia, a Pozzuoli: un ragazzo che allenavo, in estate, veniva portato dalla famiglia al Nord, con anche spese notevoli, per migliorare, e mi sono detto che questo poteva essere fatto anche appunto nel Sud. Sono poi cresciute queste scuole, si sono anche sviluppate più filosofie di pensiero, ma l'importante è investire appunto sulla formazione e la crescita dei giovani portieri, che sono poi il futuro".
In compenso, l'Italia sembra aver problemi in attacco. Manca anche forse il coraggio di investire sui giovani e le categorie sotto la Serie A?
"Purtroppo è vero, e credo che questo accada perché in Italia, i top club in particolar modo, investono soprattutto sugli stranieri. I giovani italiani sono sempre un po' ai margini, e non si ha la pazienza di aspettarli".
Ma torniamo al campo. Cannavaro in Italia è conosciuto maggiormente come calciatore: che allenatore è?
"Fabio è esattamente come lo si vedeva da calciatore, vive per il calcio e si lancia a mille in ogni avventura, con grande attenzione e meticolosità: sta tanto sul campo, cura molto le fasi, ed è cresciuto tanto nell'esperienza in Cina. Si continua a pensare che il calcio fuori dall'Europa non sia calcio vero, ma non è affatto così, anzi, sono esperienze formative che si disputano sempre su ottimi livelli: Kim del Napoli ne è la prova lampante. Ma per fare certe esperienze, o puntare su giocatori asiatici, serve coraggio. Poi Fabio è umanamente eccezionale, come suo fratello, ha creato uno staff davvero molto unito: ha un'umanità straordinaria".
