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Piscedda: "In Italia solo il 30% di convocabili. Nei vivai bisogna investire"

ESCLUSIVA TMW - Piscedda: "In Italia solo il 30% di convocabili. Nei vivai bisogna investire"TUTTO mercato WEB
martedì 29 marzo 2022, 10:30Serie A
di Ivan Cardia

I giovani e il calcio italiano. Un rapporto conflittuale, che torna d'attualità dopo ogni difficoltà della Nazionale. Da ultimo la mancata qualificazione ai Mondiali di Qatar 2022. Nella giornata di ieri, ci siamo interrogati su quali possano essere i volti dell'Italia del futuro. Ne abbiamo parlato con chi il tema lo conosce benissimo: responsabile tecnico di diversi cicli delle Nazionali azzurre dal 2001 fino all'Under 20 guidata nel 2007-2008, dal 2011 al 2020 Massimo Piscedda è stato allenatore della B Italia. A TMW commenta così uno degli argomenti del momento: "Onestamente, io non abbinerei la mancata qualificazione ai Mondiali con un eventuale problema settori giovanili. Altrimenti, avremmo dovuto parlarne al contrario quando abbiamo vinto gli Europei. Detto questo, i problemi ci sono e ci sono sempre stati. Ci sono società che ci credono e investono: pagano strutture, pagano e formano i tecnici. E altre che non lo fanno".

Ma perché allora se ne parla soprattutto quando le cose vanno male?
"Non so dirlo. Io dico che è una cosa che non si dovrebbe fare: il settore giovanile dovrebbe essere la fucina per creare i talenti che poi vanno nelle prime squadre, sempre. Spesso ci sono altri interessi, che fanno in modo che tanti ragazzi non riescano a emergere. Però non credo sia questo il motivo per cui non ci siamo qualificati".

Il problema, però, c'è. E i giovani in Italia giocano poco. Come si spiega questo timore nel lanciarli?
"Beh, il timore c'è sempre stato. Vede, noi non comprendiamo che un ragazzo di 17-18 anni possa giocare in Serie A. Altri Paesi lo fanno, li lanciano e li mettono in difficoltà, noi meno. In Italia il 23enne arriva in Under 21, in altri Paesi è già tra i grandi".

E questo spiega perché spesso otteniamo buoni risultati a livello giovanile, ma non altrettanto con i grandi?
"Potrebbe essere una ragione, però anche su questo ognuno dice la sua. In Italia c'è un bacino enorme di talenti. I problemi sono due. Vanno riconosciuti: per farlo ci vuole competenza. E per avere competenza si devono scegliere dirigenti bravi. Così come gli allenatori, nel settore giovanile: il loro obiettivo deve essere migliorare il capitale umano che hanno a disposizione".

In Primavera, invece, si pensa spesso a vincere il campionato.
"Il campionato Primavera è o dovrebbe essere l'espressione massima di un torneo giovanile. Il punto massimo per un ragazzo è fare bene in Primavera, per poi confrontarsi con i professionisti. Che, intendiamoci, sono un altro mondo. C'è bisogno di carattere, di professionalità, servono tanti elementi. Ma io dico sempre che il ragazzo, anche se bravissimo, quando esce dalla Primavera deve ancora iniziare a giocare".

Le seconde squadre in Italia non hanno attecchito.

"Tanti Paesi le hanno… Non so che dirle. Io vedo che adesso la Primavera spesso è gestita dal direttore sportivo della prima squadra e questo non è giusto, non ha senso: sono due mondi diversi, due lavori diversi, devono essere separati".

Ma in Italia vede dei talenti che la fanno ben sperare in vista della prossima generazione?
"Secondo me ci sono tantissimi talenti in Italia, mancano le strutture che tante società non hanno. E mancano gli investimenti dei presidenti, che spendano cifre importanti. Investimento significa per esempio pagare bene gli allenatori, in modo da consentirgli di non avere un secondo lavoro, e poi concentrarsi sulla formazione. Sembra banale, però è tutto lì".

Se le chiedo dei nomi, chi vede pronto per un salto nell'azzurro dei grandi?
"Ma guardi, questo lo decide il commissario tecnico. In nazionale ci va il migliore del ruolo che fa: non è così facile. È chiaro che più materiale hai, più ragazzi hai a disposizione: l'Italia ha nemmeno il 30 per cento di convocabili e questo è già un problema. È chiaro che se hai una rosa più ampia hai più possibilità di trovare gli uomini adatti alla Nazionale".

Gravina dice che ci sono troppi stranieri nei settori giovanili. Però molti sarebbero italiani con lo ius soli.
"Quello che dice Gravina è giustissimo di per sé. Io aggiungo una cosa: servono giovani bravi, che siano italiani o stranieri, a prescindere dal discorso sullo ius soli. Negli ultimi anni c'è stata un'imbarcata di tanti ragazzi stranieri che non ti hanno alzato la qualità della squadra".

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