Roma, i problemi che non sono Mourinho e il silenzio della società

Combattivo, sicuro di sé, esigente, ma anche solo. Una solitudine che Josè Mourinho ha scelto per uscire dal suo momento più difficile da quando è a Roma. “Adesso ho deciso io di isolarmi per trovare le mie soluzioni e non sentire le tante che mi vengono offerte dentro e fuori Trigoria”, ha spiegato alla vigilia della sfida con il Frosinone. Una gara nella quale i giallorossi hanno l’obbligo di vincere dopo il ko di Genoa e uno dei peggior avvii della storia recente del club. La risalita per la corsa Champions non ammette più errori ed esige coraggio, lo stesso chiesto dal tecnico per uscire dalla crisi. “Domani (oggi, ndr) dovremo averne per entrare in campo e accettare qualsiasi tipo di reazione dei tifosi - ha proseguito lo Special One - Che sia un atto di romanismo o una contestazione, dobbiamo avere rispetto e dare il massimo per vincere”.
Poi indica la strada ai suoi ragazzi. “Io non ho paura di entrare in campo e sentire i fischi di tutto lo stadio, se mi vogliono trovare sono a Trigoria che è dove vivo io, non ho né paura, né mancanza di fiducia. Io sono qui e oggi sarò allo stadio, io e i miei giocatori insieme prendendoci la responsabilità di quello che accadrà prima, durante e dopo la partita. Quello che conta per noi è vincere, è quello di cui la squadra ha bisogno”. Su una cosa, però, non ammette repliche José e cioè l’essere etichettato come il problema della Roma. “Non lo accetto, perché non è vero. Io non sono un problema” ha ribadito con forza Mourinho, costretto a dirselo da solo visto il silenzio del club, e ricordando come in estate ha rifiutato i milioni arabi per la parola data ai Friedkin, ai giocatori e ai tifosi. "Nel calcio, come nella vita le cose sono multifattoriali - ha spiegato - Non si può dire il responsabile è quello lì, lo siamo tutti. E lo stesso vale quando si vince. Io ho fatto una promessa, quindi fino al 30 giugno 2024 sarò qui, sarò qui fino all’ultimo giorno. Solo mister Friedkin può dirmi che è finita prima del previsto. Altrimenti io arriverò alla fine perché sono la stessa persona che ha dato sua parola a giocatori, ai tifosi e al mondo”.
E per ora la proprietà non ha preso in considerazione l’idea di un cambio di guida tecnica, così come non è stato varato il ritiro dopo Genoa. Fiducia alla squadra che negli ultimi due anni ha fatto due finali europee, ma per vincere con il Frosinone, Mourinho chiede uno sforzi a tutti. “Mi aspetto di più dai giocatori, come da me stesso. Una fame e una responsabilità diverse a cominciare da stasera, perché non ci sono più alibi”. A chi gli chiede poi se al terzo anno è più difficile incidere rispetto ai primi due, replica con un secco “non sono d’accordo”. “Non è una cosa che senti sempre - ha continuato - Ma questi ragazzi sono miei amici e io sono amico loro, siamo un bel gruppo. C’è empatia che è una base che non ha prezzo, specialmente in questi momenti qua. Con loro non mi sono mai sentito solo. Io ogni giorno vengo qui a lavorare e mi piace tantissimo e non posso dire che ho avuto dei club dove mi è piaciuto lo stesso, ma non posso nemmeno dire che sia stato un altro posto dove mi sia piaciuto di più”.
