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TMW RADIO - Beretta: "Superlega una follia, invece di ridistribuire i ricchi si fanno la loro bolla"

TMW RADIO - Beretta: "Superlega una follia, invece di ridistribuire i ricchi si fanno la loro bolla"
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 19 aprile 2021, 18:35Serie A
di Dimitri Conti
Archivio Stadio Aperto 2020-2021
TMW Radio
Archivio Stadio Aperto 2020-2021
Mario Beretta intervistato da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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L'allenatore Mario Beretta è intervenuto in diretta a Stadio Aperto, trasmissione di TMW Radio condotta da Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini. Il primo tema sul piatto, inevitabilmente, è la Superlega: "Ora, dopo che è uscita la notizia, vari enti e federazioni si stanno muovendo. Io ho letto il 99% di commenti contrari alla nascita di questa Superlega, e io mi associo da allenatore e sportivo: mi sembra follia. Invece di una ridistribuzione più egualitaria delle risorse, le squadre più ricche vogliono rinchiudersi in una loro bolla. Mi pare tutto contrario ai valori dello sport".

Si sono spesi male i soldi finora?
"Più che ad attingere a nuove risorse bisognerebbe guardare i costi di ciò che è stato fatto. In Italia non si è andati al di là del proprio naso, senza una certa visione salvo casi rari. Non si è investito su infrastrutture e settore giovanile, area di cui mi sono occupato per anni e per cui serve pazienza e tempo per raccogliere i frutti. Forse staremmo meglio".

Da dove nasce l'errore con i giovani?
"Secondo me c'è un problema generalizzato, che va al di là di calcio e sport, è pure questione di cultura. I ragazzi italiani lasciano casa ad un'età più avanzata che in altre nazioni, significa che maturano un po' più tardi. Ogni popolo ha il suo modo di intendere la vita, e noi i giovani li riteniamo tali ancora a 21 anni, mentre all'estero ci sono esempi come De Ligt che a quell'età era già capitano dell'Ajax. Poi qui i progetti non esistono... Ci vorrebbero più garanzie sulla condivisione dei percorsi con tutte le figure che ruotano intorno alle squadre".

Quali le maggiori criticità che ha ravvisato nei suoi lavori da responsabile del settore giovanile?
"Cagliari è l'esempio di un'idea di strutture in cui far crescere i ragazzi grazie ai soldi investiti da presidente e società. Stanno iniziando a raccogliere adesso i frutti, penso a Carboni titolare. Questo per dire che serve tempo. Un aspetto su cui non si fanno riflessioni è di far lavorare a tempo pieno gli allenatori assieme ai ragazzi, mentre se un tecnico deve fare questo insieme a insegnamento di scuola e palestre, beh... E poi il monte ore di allenamenti, che in Italia è più basso che altrove. Dovremmo riuscire a intersecare lo sport con la scuola, come succede in altre nazioni".

Manca la soluzione al salto da Primavera a prima squadra?
"Il passaggio è il momento più delicato. Secondo me, per come è stata fatta la nuova riforma della Primavera, abbiamo davanti un miglioramento. Alcuni dicono che con le retrocessioni non si bada al gioco, ma è vero che bisogna preparare i ragazzi a 360 gradi, e in prima squadra la cosa cui dovranno badare di più è il risultato. Le altre nazioni però hanno quasi tutte seconda squadra o U23, qui l'ha fatta solo la Juventus. Certi passaggi in cui ti fai le ossa però ti formano, senza dover partire per forza dalle categorie più alte".

Quanto ci metteremo a collegare sport e scuola?
"Sarebbe un passaggio epocale, non so quando e se mai ci sarà, ma da ex insegnante di educazione fisica e attuale docente di Università lo voglio dire. Ad esempio sono contento delle due ore obbligatorie di educazione motoria alle scuole elementari, e il fatto che non ci fosse, in quell'età, la dice lunga su quanto venga considerato lo sport. Nel 2020 siamo a fare il minimo sindacale... Si guardano gli Stati Uniti, ma anche Cuba ha una percentuale notevole di insegnanti di educazione fisica, e significa attenzione notevole allo sport".

Troppi allenatori per poche squadre?
"Speriamo che arrivino altri imprenditori! (ride, ndr) Scherzo... Dobbiamo preparare comunque al meglio i nostri tecnici, per fortuna possiamo e dobbiamo e guardare anche fuori dall'Italia da qualche anno a questa parte. Non a caso noi come Assoallenatori abbiamo fornito una piattaforma d'inglese per far imparare la lingua".

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