Milan: l’ordine di Allegri. Juve: le ammissioni di Rocchi. Inter: le sentenze su Pio. Napoli: la tecnica-Conte. E il vincitore del Pallone d’Oro…

Pochi ma significativi appunti.
Ogni settimana Rocchi va in tv a spiegare taluni scempi arbitrali e ammette colpe e responsabilità. Questa cosa è lodevole, perché dimostra la buona volontà del designatore nel voler togliere quella orrenda barriera tra fischietti e resto del mondo. E però il tutto non deve tradursi in attenuante o giustificazione. Cioè, ok l’ammissione di colpevolezza, ma poi è bene che in qualche maniera si riescano a limitare certi sfondoni da matita rossa (in Verona-Juve due clamorosi, uno in fila all’altro). Secondo e ultimo appunto: la dicitura “l’arbitro Tizio per punizione è stato retrocesso in B” non ha mica tanto senso. Cioè, siccome ha fatto danni in A lo spediamo a far danni in B? Come se in B non avessero pari diritti di giustizia e serenità? Se un arbitro necessita di riposo, banalmente, riposa. O no?
Si è creato tutto un delirio legato ai giudizi su Pio Esposito, attaccante in erba. Per qualcuno è la reincarnazione di Maradona “ma con più fisico”, per qualcun altro “è un mezzo bidone pompato dai media”. Ovviamente sono sbagliate entrambe, ma rientrano nella moderna necessità di creare traffico e discussioni. In realtà basterebbe non cascarci e valutare ‘sto ragazzo per quello che è: un ragazzo promettente che forse diventerà “grande” o forse magari no ma, intanto (e in attesa dei gol che per un attaccante non sono certamente un dettaglio), ha dimostrato di poter stare con merito in una rosa ambiziosa e competitiva come quella dell’Inter. E non è poco. Il resto, come sempre, non ce lo diranno gli estremisti del “è fortissimo” “No, un bluff”, ma solo e soltanto il campo da giuoco.
Il Pallone d’Oro è sempre più una baracconata a uso e consumo di chi vuol fare un po’ di casotto, ma è anche vero che finisce sempre in vetrina e, infatti, siam qui a discuterne. Morale: hanno vinto loro, gli amici di France Football. E ha vinto anche Dembélé che, sì, ha meritato il premio in rappresentanza di una squadra che ha conquistato praticamente tutto, ma non secondo l’assunto che dovrebbe stare alla base del cucuzzaro. Il pallone d’oro deve finire nelle mani del giocatore più forte? E allora se lo meritava tal Yamal. Ma per distacco.
Il qui presente pelatissimo vi ammorba da tempo con le sue considerazioni sul Milan di Allegri. E quindi “anche se la rosa sembra più debole di quella dell’anno passato vedrete che con Allegri…” e “è più importante avere giocatori funzionali piuttosto che giocatori forti, soprattutto se quelli forti non sono sintonizzati” e “Rabiot, arrivato per una serie di combinazioni astrali, è il sarto perfetto per la stoffa di Max” e altre facezie assortite. E, niente, confermo tutto: prima di inizio stagione pubblicai la mia griglia con il Milan al primo posto, non so se azzeccherò il pronostico ma continuo a pensare che Allegri saprà portare a Milanello tanti tanti punti.
L’altra sera ho avuto l’onore di presentare il libro di Francesco Acerbi. Ci siamo fatti una bella chiacchierata. Su questo non-più-ragazzo ognuno ha la sua legittima opinione. Il sottoscritto per quel che vale vi invita a dare un’occhiata a quelle pagine per capire di chi stiamo parlando, di un uomo che non ha mai avuto paura di dire quel che pensa, che ha ammesso errori e debolezze, che è caduto e si è rialzato, che ti guarda e dice cose così: “Il senso della vita non è alzare un trofeo, ma alzare la testa ogni giorno, guardarsi allo specchio e riconoscersi”.
Antonio Conte non è un pirla. Dico sul serio. È un grande allenatore e allo stesso tempo un eccellente comunicatore. Conosce il calcio meglio di chiunque altro e sa come e quando dire determinate cose. Queste, per dire: “Abbiamo fatto un mercato riempiendo una rosa che non esisteva, che sia importante è tutto da dimostrare. Per noi sarà l’anno più complesso in assoluto: le altre hanno rose strutturate, noi no. Il mercato è importante a livello numerico, poi se spendi 150 milioni vuol dire che hai speso per 9 giocatori 15-20 milioni. I calciatori importanti sono altri, da 50-60 milioni. Hojlund è un ragazzo di 22 anni che allo United non giocava, questa è la realtà dei fatti”. Ecco, solo chi non conosce Conte può pensare che tutto questo sia frutto dell’improvvisazione e non ti una strategia stra-collaudata: il tecnico campione d’Italia sa come distribuire le pressioni e lo fa con maestria. Risultato? Alla fine quasi sempre i suoi avversari si arrabbiano e lui… gongola. Mica scemo…
E forza Leoni.
