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Giancarlo Antognoni, il ragazzo che giocava guardando le stelle

Giancarlo Antognoni, il ragazzo che giocava guardando le stelleTUTTO mercato WEB
© foto di Alberto Fornasari
lunedì 1 aprile 2024, 09:05Nato Oggi...
di Redazione TMW
fonte Fabio Incatasciato
Giancarlo Antognoni è un dirigente sportivo ed ex calciatore italiano, di ruolo centrocampista. Campione del mondo con la nazionale italiana nel 1982.

Il mondo si divide in due categorie: quelli che c’erano, e che l’hanno visto giocare davvero, e quelli che di lui hanno soltanto racconti ed immagini bellissime, da vedere e da rivedere, ma che non possono capire sino in fondo che cosa si sono persi! ….
Chi c’era allora, si rese subito conto essere di fronte ad una roba diversa: dagli altri giocatori, dagli altri campioni, dagli altri talenti.
Un fuoriclasse, più fuoriclasse degli altri.
E si cominciò a capirlo proprio dal quel 15 ottobre 1972 a Verona: lui di appena diciotto anni, la tenuta del campo di un veterano, un tocco di palla che cantava, una corsa perfetta a disegnare il rettangolo verde, i lanci precisi, l’eleganza che diventava emblema di un futuro da predestinato.
Che “giocava guardando le stelle” lo scrissero solo dopo qualche minuto dalla fine della sua prima partita; che il calcio sarebbe divenuto a breve tutto suo, fu convinzione che maturò poco dopo.
Forse per nessun altro giocatore il tempo è divenuto, come per Giancarlo, una variabile indipendente: nel senso che i colpi, la statura, la capacità di guardare sempre in alto con la palla ai piedi, il numero dieci viola ce l’aveva all’inizio come alla fine della carriera, era insomma una dote innata. E però quanto crebbe nel tempo!

Fu aiutato a crescere, e poi, per molte stagioni, dovette fare da sé; perché mentre nei primi anni si trovò a dialogare con altri campioni e con grandi giocatori – De Sisti, Merlo, Clerici, Brizi – e ad essere allenato dai due signori che poi avrebbero scritto la storia del Campionato – Liedholm e Radice –, dai ventidue anni in poi si trovò accanto gente assai più modesta, orgogliosamente viola, ma lontana anni luce dalla sua classe e dalle sue intuizioni. Nè lo aiutò il fatto che tanti giovani promettenti di quella nidiata dei primi anni settanta – Guerini, Roggi, Desolati - fossero colpiti da sfortune plurime che li relegarono in secondo piano, lasciandolo unica luce di squadre certamente non indimenticabili.

Ma fu allora che Giancarlo, da simbolo, da emblema e da sogno di una città, divenne anche il riferimento assoluto di un luogo spesso contorto e contradditorio come la nazionale italiana: chi voleva Claudio Sala, chi faceva guerre sante per Beccalossi, chi esaltava il Barone Franco Causio, chi ancora avrebbe preferito, qualche anno dopo, Beppe Dossena......
Via, per favore, non scherziamo…
Uno con la schiena dritta come Enzo Bearzot non ebbe mai dubbi: il titolare era lui, tutti gli altri facevano volume.
Poi il calcio italiano riaprì agli stranieri, ed allora la sfida per Antonio si alzò improvvisamente: Falcao, Prohaska, Hansi Muller, Dirceu, Cerezo, ovviamente Platini, poi Zico, e stava per arrivare Maradona.
Con la solita calma, quella semismorfia a solcargli il viso bellissimo, i capelli fluenti, Antognoni restò il più forte, il più continuo, il leader assoluto di Fiorentine finalmente competitive e con il sogno del tricolore all’inizio di ogni stagione; e quanti ne avremmo potuti vincere di Campionati, e quanti ne abbiamo persi. Gli arbitri, la sfortuna, e poi quei due pomeriggi maledetti, in quel quadrato di campo sotto la Curva Ferrovia.

Il 22 novembre 1981, quando per qualche minuto rischiammo di perderlo per sempre, e poco più di due anni dopo, quando, forte a livelli come non lo era mai stato, si sbriciolò una gamba contro un giocatore della Sampdoria; sì, perché Giancarlo, la gamba, ancorché divina, non la levava mai da un contrasto. Forse quella storia troppo bella per essere vera finì davvero quel giorno; aveva scelto di restare per sempre a Firenze, per lui il calcio era quella maglia viola, quella fascia da capitano, quel pallone accarezzato e poi sparato in porta, e poi la sua gente, sempre pronta a sostenerlo.
Dicono in molti: ma quanto avrebbe vinto se fosse andato in una grande squadra, quante Coppe, quanti trofei, quanti Palloni d’Oro........
Il primo a sorriderne è sempre stato lui, onesto e serafico: ma volete mettere scudetti e Coppe con l’amore eterno di Firenze?
Tornò troppo tardi, dopo operazioni sbagliate e dopo infiniti anni di fisioterapia, ed ancora nuovi infortuni ad angustiare lui e noi che avremmo dato tutto per vederlo come sempre.
Un pomeriggio di gennaio del 1987 arrivò a Firenze il Napoli, primo in classifica con la Fiorentina terz'ultima. Ventimila napoletani, Maradona che pareva imprendibile ed inarrestabile, Diego più Diego di sempre. Giancarlo liquidò tutti con un primo tempo dei suoi, sfondò la porta su punizione, orchestrò come nessun altro una squadra di ragazzi all’inizio impauriti, rimandando a casa senza sconti Diego e la sua gente.
Era stato Giancarlo, ancora per una volta, il resto roba relativa.
Auguri per i tuoi settant’anni Campione …
Grazie per esserci stato, per esserci sempre, per averci fatto vedere l’impossibile, e per quel numero dieci che ha squarciato la vita di tanti di noi.

Fabio Incatasciato
Collaboratore Associazione Storia Viola

“Il ragazzo che gioca guardando le stelle”.
Questo il soprannome di uno dei simboli della Fiorentina, che evidenzia le spiccate doti tecniche e di visione del gioco fondamentali per un fantasista. Capace di infiammare i tifosi della viola con le sue giocate e lo stretto legame con la città, Antognoni vince una Coppa Italia nel 1975 e sfiora nel 1982 lo scudetto con la Fiorentina, perso all’ultima giornata con gli acerrimi rivali della Juventus.
Nel corso dell’estate dello stesso anno, gioca un ruolo fondamentale nella vittoria dei Mondiali del 1982, con il rimpianto di non esser potuto scendere in campo nella finale contro la Germania.
Nato in Umbria (Marsciano PG) nel 1954, Giancarlo Antognoni indossa la casacca viola per 15 stagioni, per un totale di 429 presenze e 72 gol. Concluderà la sua carriera in Svizzera, giocando per due stagioni nel Losanna. Con la maglia azzurra colleziona 73 gettoni accompagnati da 7 gol.

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