Balotelli: "Trattato male dal Genoa, bastava un po' di cuore. Guardo all'America"

“Potevo fare anche di più ma non ho nostalgia. Sono felice di quello che ho fatto". Parola di Mario Balotelli. Intervistato da Francesca Fagnani a Belve, l’attaccante italiano ha ripercorso la sua vita e la sua carriera: “Non c'è stato mai equilibrio con me. Vulnerabile? In qualche modo sì, insicuro no. E non è vero che rido poco, in privato rido sempre".
Poche le lacrime: “Vorrei piangere di più, ma questo sentimento si trasforma troppo velocemente in rabbia. Ne ho avuta troppo e non è mai stata necessaria. Ma oggi se mi arrabbio faccio una passeggiata". Balotelli si definisce sia timido sia bad boy e racconta di cosa significhi dover aspettare i 18 anni per la cittadinanza italiana: "Non penso sia la normalità. Dai 16 il Ghana insisteva, se fossi nato lì ci avrei pensato ma sono nato e sono cresciuto qui. Mi hanno dato la cittadinanza solo a 18 anni, un po' l'ho sofferto".
Balotelli ha raccontato gli episodi di razzismo subiti, come il lancio della banana addosso a Ponte Milvio: "Quei due, quella cosa, non la rifanno. Non lo rifanno, penso se lo ricorderanno. Quando ci vuole, ci vuole. Ma da bambino chiedevo alla mia maestra delle elementari se fosse nero anche il mio cuore". E poi i rimpianti di una carriera in cui molti hanno pensato potesse diventare un fenomeno, tranne lui: "Mai. Potevo dire che ero forte, ma basta. Magari potevo diventarlo, ma non me lo sono mai detto. I fenomeni nella storia del calcio sono pochi".
Tra le note più liete della sua avventura calcistica, i successi col Manchester City: "Ho fatto qualcosa sopra le righe, sì, ma non mi sono mai sentito onnipotente, nemmeno lì. La mia famiglia non me l'avrebbe mai concesso. Magari avessi sentito un po' di pressione... La sento più qua che in situazioni come quelle di Italia-Germania. Capii solo dopo l'importanza di quella partita". Nel 2014 fu una specie di capro espiatorio: “Si gioca in undici. Ci vuole sempre uno di carattere che si prenda la responsabilità, alcuni grandi e grossi si nascondono".
"Ci sono stati errori miei nelle scelte di alcune squadre - ha continuato SuperMario -. Nella mia carriera sono molto più professionista oggi che prima. A Marsiglia non volevo vedere nessuno, volevo stare a casa. Mi ero isolato. Per me è strano, ho una cerchia di persone piccola ma presente intorno a me e mi stavo negando anche quella. Mi sono fatto seguire in un percorso terapeutico che ho finito l'anno scorso".
La differenza con Cristiano Ronaldo? “È stato un professionista dall'inizio alla fine e si massacra di allenamenti, cosa che io non ho fatto. E alla fine ha fatto bene lui che ha anche più soldi. Ho peccato tanto a livello di costanza, ma non è vero che non faccia spogliatoio e non so perché lo dicano”. Tra gli allenatori più importanti, Mancini (“Mah, io gli voglio bene e penso anche lui”) e Mourinho: "Eravamo due teste di cavolo, caratterialmente lui è peggio di me. Con il rosso a Kazan sono stato un po' pollo, ma José mi fa arrabbiare perché non dice mai che segnai e feci assist al ritorno. Con Brendan Rodgers non sono mai andato d’accordo. Non lo saluto neanche, mi sta troppo antipatico".
Da Totti il peggiore fallo mai subito: "Qualche volta sono un provocatore. Fai un tunnel, dici 'sei scarso'. Ma ormai in campo non puoi più fare niente.” Poi le vicende personali: “Adesso sono innamorato. Abbastanza. Non è un momento semplice ma spero si risolva presto. Ho più amato di quanto sia stato amato. Come padre sono Paziente e moderno, mi do 7,5. Il test di paternità lo rifarei. L'ho amata tantissimo (parla di Raffaella Fico, ndr) e le voglio bene anche oggi ma ha sbagliato tanto. L'ho scoperto prima degli Europei, ero in ritiro. Mio fratello mi gira una foto di lei con la pancia. Erano mesi che non ci sentivamo, per questo lo rifarei. Disse che era ingrassata ma dopo mesi che non ci vedevamo volevo esserne sicuro, mi dispiace solo per mia figlia".
Spazio anche al futuro, magari in MLS: "L'esperienza di quest'anno è stata una sfiga dopo l'altra. L'unica cosa che ho scelto io è stato andare lì, altro sbaglio. Mi dispiace per i tifosi che mi vogliono bene e ringrazio, ma non per il tipo di società. Non mi hanno saputo trattare ma non era difficile, ci voleva solo un po' più di cuore. Sarà difficile comunque che possa tornare a grandi livelli. Devi stare nei grandi campionati. Forse altri due o tre anni. Smettere sarà sicuramente un trauma a livello atletico, senza allenamento costante, senza partita, senza un gruppo. Tutto il resto non mi mancherà mai. Mi sono divertito ma non c'entro io con questo mondo. Fisicamente sto bene e ho voglia ma è difficile che resti in Italia o in Europa. Ho un'idea... Sono un po' stanco di quello che c'è intorno al calcio, soprattutto qui. Guardo all'America adesso".

