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Beccalossi: "Raspadori ragazzo eccezionale, c'è soddisfazione nel vederlo arrivare in alto"

Beccalossi: "Raspadori ragazzo eccezionale, c'è soddisfazione nel vederlo arrivare in alto"TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
martedì 6 febbraio 2024, 23:23Serie A
di Tommaso Bonan
fonte da Milano, Luca Cilli

Alla libreria Rizzoli di Milano è stato presentato il libro “La mia vita da numero 10”, l’autobiografia di Evaristo Beccalossi. L’ex calciatore e bandiera dell’Inter ha ripercorso le tappe più significative della sua carriera. “Ho sempre creduto nelle mie qualità, tecnicamente ero abbastanza dotato e per questo avevo dei vantaggi - ha sottolineato Beccalossi - Il primo gol non lo dimenticherò mai, dissero che fu un gran gesto tecnico. Io sinceramente pensai che invece fu più un gesto istintivo. A volte i miei compagni all’Inter si aspettavano la mia giocata, mi sentivo la responsabilità addosso perché sapevo che si facevano in quattro e correvano anche per me”.

A proposito di compagni di squadra, Beccalossi ricorda alcuni anni in cui nella sua Inter si creò un gruppo straordinario: “Con Oriali ho un rapporto speciale, è la mia coscienza. Quando smisi di giocare lui diventò procuratore e gli chiesi dei consigli quando verso la fine della mia carriera andai a Barletta in Serie B. Ricordo che durante il viaggio per andare a firmare mi fermai in autostrada all’altezza di Pescara, chiamai Oriali e mi disse che era tutto ok. Firmai per il Barletta, Oriali non volle neanche mille lire per il lavoro che fece per me. Per me è un fratello”.

Oltre al calcio la passione di Beccalossi sono i motori: “Ricordo quando ci fu il gran Premio di Monza. Volevo andare a vederlo a tutti i costi ma mi allenavo alla Pinetina. Mi inventai un problema fisico, mi dissero di riposare e ne approfittai per andare a Monza. Andai nel box della Ferrari, incontrai Gilles Villenueve che mi fece entrare nella sua macchina. Esperienza meravigliosa. Il problema fu che il giorno dopo la Gazzetta dello Sport uscì con due pagine in cui raccontarono la mia giornata nei box a Monza. Fu un dramma, lunedì mi aspettarono in sede per pagare la multa. La Ferrari resta una passione e una volta in sede incontrai Enzo Ferrari. Una persona con un carisma incredibile, parlammo di calcio e di Inter. Ancora adesso quando chiudo gli occhi mi ricordo la sua immagine carismatica. Il calcio mi ha dato tantissimo e mi ha permesso anche di vivere queste emozioni”.

Beccalossi si è soffermato sul calcio e sul mondo di oggi: “Adesso parlano di calcio e mi sento dire termini come: preventiva, scivolare via, braccetto. Mi sembrano robe scientifiche più che calcistiche. Però a me piace parecchio essere a contatto con i giovani, li ho seguiti anche in Nazionale ed è una grande crescita. La soddisfazione è vedere quando arrivano in alto come ad esempio Raspadori del Napoli. Ragazzo eccezionale, sono felice per lui. Ora i giovani devono crescere con delle persone credibili e che sappiano capirli anche dal punto di vista psicologico. Molti dei nostri ragazzi ora hanno la testa pesante e non sono liberi mentalmente. Io soffrii mentalmente quando sbagliai due rigori contro lo Slovan Bratislava. Ma i tifosi interisti mi hanno sempre voluto bene e li ringrazierò per sempre. Da lì capii che dalle negatività si possono tirare fuori anche delle positività”.

Il numero dieci con cui ha giocato nell’Inter resta tatuato per sempre, “ma Maradona è unico - dice Beccalossi -. Giocammo contro diverse volte, resta un numero uno. Scambiai la maglia con lui e in cambio mi chiese la mia. Fu emozionante. Mi sarebbe piaciuto che non facesse alcune cose ma resta un grandissimo. Persona eccezionale Diego, ci sentivamo spesso anche ultimamente perché facevamo insieme delle riunioni alla FIFA. Con me è sempre stato di una disponibilità incredibile. Lo era con tutti, specialmente con i ragazzini. Di lui conservo solo bei ricordi”.

Sull’avversario da battere a tutti i costi Beccalossi non ha dubbi e in un certo senso si lega al presente: “Già dai miei tempi la Juventus bisognava batterla perché era la Juve. A 22 anni, arrivi dal paesello e giocavi contro dei campioni mi esaltava. Qualcuno dei loro giocatori si arrabbiavano dei duelli in campo, qualcuno me lo ricorda ancora adesso. Batterli sportivamente era un'emozione unica. Il Milan d’accordo, è sempre il derby e ci mancherebbe. Ma non era ancora la squadra di Berlusconi. Sinceramente mi sarebbe piaciuto affrontare quel Milan. Giocare a San Siro? Meraviglioso. Ti da quel 30% in più, lo vivi a mille all’ora. E se non sai reggere le pressioni che genera non sei un calciatore da Inter. Fare 7 anni a San Siro come ho avuto l’onore di fare io devi essere tosto. Sono contento di quello che sono riusciti a fare e di essere riuscito a ritagliarmi uno spazio nella storia dell’Inter. Mi spiace che il rapporto con il club non si è chiuso bene, se fossi stato più maturo magari sarebbe andata diversamente. Sono andato via a 28 anni, nel pieno della mia carriera. Mi dissero che dovevo andar via. Ormai fa parte del passato, resta un rammarico”.

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