Vitor Saba: "A 28 anni decisi di non rischiare più... Ora faccio il procuratore"

Personaggio fuori dagli schemi, brasiliano lontano dai comuni stereotipi. Vitor Saba, 30 anni, è oggi procuratore con idee molto chiare su quello che è stato fin qui il suo percorso e su quali prospettive potrà avere in futuro.
E' stato giocatore fino a 28 anni, con una carriera invidiabile tra Brasile, Italia, Australia, Grecia, Bahrain, Olanda e Hong Kong. Poi ha smesso, nel gennaio 2019, per un problema al cuore: "Decisi di non rischiare nulla, in quel momento non fu semplice ma quando hai una bimba piccola le tue priorità sono chiare".
Ragazzo saggio, come poi testimoniano anche le sue scelte successive. Lui che nella fase finale della sua carriera non ha avuto procuratore ammette che quello è stato uno degli errori commessi nel corso della sua carriera: "Non lo rifarei, ma mi hanno aiutato a crescere". Proprio da procuratore Saba, dopo aver appeso le scarpe al chiodo, ha iniziato a lavorare focalizzandosi soprattutto sui giovani. Come Daan Dierckx, classe 2003 che in pochi mesi ha portato dalle giovanili del Genk alla prima squadra del Parma, diventando in questo 2021 il più giovane 2003 a giocare in Italia e il più giovane 2003 a giocare titolare in uno dei top 5 campionati. Oppure Seb Loeffen, difensore classe 2004 appena portato dal PSV Eindhoven al Sassuolo. O ancora, il difensore slovacco Lukas Secansky, centrocampista slovacco in forza al Lecce dal mese di marzo.
Sono alcuni dei tanti che Saba gestisce in Europa, tra questi ci sono anche Richard Hecko dell'Atalanta o Vladislav Blanuta del Pescara. Ha iniziato da poco a collaborare con la CAA Base, un modo per apprendere da chi sa fare questo mestiere ad altissimi livelli ma anche per portare, in un'agenzia così grande, le sue capacità: recrutamento, lavoro con i giovani, capacità di scovare il talento.
Nel corso del nostro botta e risposta, però, Saba torna anche sulla sua avventura da calciatore.
Partendo da Brescia, col primo che è stato probabilmente il tuo migliore anno.
"Sì, perché Calori in panchina capì subito il mio ruolo, ovvero quello di trequartista. Poi il secondo anno arrivò Giampaolo, che all'epoca giocava col 4-4-2. Mi inserì all'inizio tra i due di centrocampo, ma non era un ruolo adatto alle mie caratteristiche e la stagione della squadra fece il resto. Cambiammo 3-4 allenatori, al termine della seconda stagione decisi di andare via".
In Australia, non una scelta usuale...
"Avevo bisogno di nuovi stimoli e nuove motivazioni. Andai al Western Sydney soprattutto per una sfida affascinante: vincere la Champions League asiatica".
Primo e ultimo club australiano a riuscirci.
"E non credo ci riuscirà un altro club australiano nei prossimi anni (ride, ndr). Fu davvero una grande impresa".
Dopo quella Champions sei tornato in Italia, al Crotone.
"Dove non ho mai giocato, peccato. Ursino mi diede la possibilità di tornare in Italia ma l'allora allenatore del Crotone Drago non era probabilmente d'accordo, visto che mi escluse fin da subito".
In Italia poi hai vestito anche la maglia del Siena.
"Sì, e poi ci sono tornato a vivere. Ho finito però la carriera da calciatore in Olanda, e proprio di giovani calciatori in Olanda e Belgio mi sono occupato nelle prime fasi della mia nuova carriera da procuratore". Iniziata nel 2019, con prospettive decisamente interessanti.
