La forza dei "finalisti", come dice Arteta: l'Arsenal ha già un'arma in più rispetto a 5 mesi fa

Per oltre un’ora l’Arsenal ha sofferto a Bilbao. La squadra di Arteta, imbrigliata dall’intensità e dall’aggressività dell’Athletic, non riusciva a imporre il proprio gioco né a dare la sensazione di poter indirizzare una serata di Champions League nata sotto cattivi auspici. Poi, al 71’, la svolta. Anzi, l'uomo della svolta: dentro Gabriel Martinelli.
Il brasiliano, reduce da settimane difficili e da critiche pesanti, ha impiegato appena 36 secondi per lasciare il segno. Un’azione in velocità, la fuga in campo aperto e la conclusione vincente che ha liberato lui e i compagni in un abbraccio sincero. Un momento che ha certificato la sua resilienza e il suo spirito di sacrificio, qualità riconosciute e celebrate dallo stesso Arteta: “Adoro Gabi, meritava questo gol per atteggiamento e dedizione”.
Non è finita lì. Martinelli ha poi costruito l’azione del raddoppio servendo Trossard, glaciale nel battere il portiere con un tocco da veterano. Due sostituti che hanno deciso una gara complicata, dimostrando quanto sia cresciuta la profondità della rosa dell’Arsenal rispetto alla scorsa stagione. Allora, in una semifinale di Champions, ad aprile, Arteta aveva poche alternative: oggi può contare su risorse di primo livello pronte a incidere a gara in corso.
Il tecnico spagnolo ha parlato di “finalisti”, termine con cui definisce i subentrati: non comprimari, ma protagonisti capaci di cambiare le partite. L’ingresso di Martinelli e Trossard ne è la prova lampante, mentre Madueke ed Eze – nuovi acquisti titolari a San Mamés – hanno confermato la bontà delle scelte estive.
Contro un Athletic generoso e mai domo, l’Arsenal ha mostrato solidità difensiva (un solo gol subito in stagione, su punizione) e soprattutto la capacità di reggere un ambiente ostile. Se l’obiettivo è arrivare fino in fondo, serate così sono un banco di prova cruciale. A fare la differenza, questa volta, sono stati i “finalisti”: il segnale più incoraggiante per Arteta e per un gruppo che non vuole più fermarsi a un passo dal sogno.
