La ricetta di Albertini per la Nazionale: "È il momento di avere coraggio"

(ANSA) - ROMA, 08 GIU - "E' il momento di avere coraggio". Demetrio Albertini ha quell'esperienza che lo spinge a guardare con distacco, per quanto sia possibile per chi ha dedicato tutta la propria vita professionale al calcio, la crisi in cui è sprofondata l'Italia. "E' il momento di non avere la paura di non andare ai Mondiali. Oggettivamente, pur trovando tutte le criticità del caso, l'Italia ha tutti i mezzi per andarci", spiega all'ANSA l'ex campione di Milan, Atletico Madrid, Lazio e Barcellona che ha poi ricoperto anche ruoli apicali in Figc. La notizia dell'esonero di Luciano Spalletti arriva proprio mentre è al telefono: "Non ho notizie e rischierei di essere superficiale - risponde alla richiesta di un commento a freddo - Posso solo dire che oggettivamente l'ho visto emozionato e provato"
"Abbiamo sempre avuto difficoltà in questi periodi dell'anno, così come a settembre", sottolinea per poi ritornare sul tema per lui più importante: "Le sconfitte vanno e vengono. Non è la situazione per cui deprimersi. Spero che i giocatori non si facciano sovrastare dalla paura di non raggiungere l'obiettivo. Certo, la paura serpeggia soprattutto dopo due volte che l'Italia è rimasta fuori dai Mondiali. E' assurdo che uno come Donnarumma sia fuori. In questi momento il gruppo vale più del singolo. Oggi ci vuole solo coraggio".
Albertini ha attraversato una prova simile. Il 5 giugno del 1991 l'under 21 di cui lui era uno dei pilastri subì un pesantissimo 6-0 proprio dalla Norvegia. "E' stata la peggiore sconfitta da gestire nella mia carriera - ricorda - ma era tutto diverso. In primis era l'Under 21. E poi va ricordato che la Serie A in quegli anni portava tutte le squadre di club nelle finali internazionali. Va detto soprattutto che noi giocatori eravamo in via di formazione all'interno di un percorso che ci avrebbe portato negli anni successivi ai massimi livelli". Ed è questo il punto più importante, secondo Albertini. "Manca il calcio - aggiunge - Il core business del calcio deve essere il calcio così come per le case automobilistiche il core business sono le automobili. Nel 1991 era stato disegnato un percorso di crescita di quei giocatori verso i massimi livelli, chi più chi meno ci siamo riusciti tutti. Alcuni giocavano in Serie B ma quell'esperienza era propedeutica per arrivare in Serie A. Sto parlando di un movimento, non solo di Nazionale".
"In questo momento non è che non abbiamo buoni giocatori ma ne abbiamo pochi. Se si fanno male due giocatori, non è facile sostituirli mentre le altre nazionali non sono in queste condizioni. Hanno giocatori di talento ma ci sono giovani che hanno fatto un percorso di costruzione di maturità - prosegue - Per questo noi dobbiamo costruire un percorso diverso. La nazionale è la sintesi di quello che è il movimento, non è una squadra a sé stante".
"Il valore di una società non è solo il bilancio ma creare valore sportivo, creare dei giocatori. Oggi per tanti non è più la cosa primaria. Noi siamo in ritardo sugli stadi, sul marketing, sui bilanci. Si deve partire dal progetto sportivo. Nel 2010 parlai delle seconde squadre: ora si inizia a vedere un lento movimento delle seconde squadre. Ci abbiamo impiegato 15 anni! I calciatori sono poesia, i dirigenti sono prosa. Senza la poesia non esiste prosa". (ANSA).
