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Corea del Sud, dove tutti i difensori si chiamano Kim e il militare frena la crescita del talento

Corea del Sud, dove tutti i difensori si chiamano Kim e il militare frena la crescita del talentoTUTTO mercato WEB
© foto di Imago/Image Sport
sabato 19 novembre 2022, 20:40Qatar 2022
di Gaetano Mocciaro

È una presenza praticamente fissa dei Mondiali, la Corea del Sud. Sempre presente dal 1986 in poi, la sua nazionale ha superato il primo turno in sole due occasioni: ai Mondiali di casa del 2002 dove arrivò tra mille contestazioni fino al quarto posto e nel 2010, fermata agli ottavi di finale dall'Uruguay. In un Mondiale che si giocherà in Asia dopo 20 anni ci aspettiamo proprio che qualche selezione della AFC sparigli le carte e le Tigri d'Asia, se pur in un girone piuttosto complicato, potrebbero essere la mina vagante. Ma conosciamo meglio questo gigante asiatico che ai Mondiali spesso è relegato al ruolo di comparsa:

TUTTI KIM - Da sempre chiunque abbia visto una partita della Corea del Sud ha avuto enormi difficoltà a distinguere i nomi. Il Paese ha un'onomastica del tutto particolare. Si parte dal cognome, rappresentato da una sillaba e dal nome composto generalmente da due. E si legge sempre prima il cognome. La scarsa varietà di essi fa delle Tigri d'Asia la disperazione di tutti i telecronisti. Nel 2015 si contavano appena 286 cognomi coreani ma sono molto meno quelli frequentemente utilizzati. Il più diffuso e lo si coglie alla lettura della formazione tipo è Kim. Sono circa 10,7 milioni a chiamarsi così, cinque di essi compongono il pacchetto difensivo titolare della squadra di Paulo Bento. Il secondo cognome più diffuso è Lee con 7,3 milioni mentre il terzo è Park con oltre 4 milioni.

IL FARDELLO DEL MILITARE - Min Park, intermediario calcistico, ci spiega le difficoltà per un Paese come la Corea del Sud di diventare una potenza all'altezza del calcio sudamericano ed europeo: "Il livello sta crescendo sempre più ma non è possibile raggiungere Europa e Sudamerica. Certo, se facciamo un confronto con 10 anni fa, molti calciatori hanno avuto l'opportinità di giocare nei massimi campionati del Vecchio Continente. Ma il campionato nazionale deve migliorare molto, così come il sistema del calcio giovanile. Mancano ancora tecnica, resistenza, fisicità per competere. E poi c'è il servizio di leva, obbligatorio, al quale non sfuggono nemmeno i calciatori. Questo di fatto frena i club europei a investire sui giovani sudcoreani. Basti vedere il paragone col Giappone: da loro in molti lasciano il Paese da giovani, qui invece è piuttosto complicato". Per la cronaca il servizio di leva in Corea del Sud dura dai 18 ai 21 mesi.

I GIOCHI ASIATICI SALVANO I CAMPIONI DALLA LEVA - Nel caso di Son quattro anni fa ci fu il rischio grosso che il Tottenham lo perdesse proprio perché fu chiamato alle armi. La vittoria nei giochi asiatici al quale ha partecipato, ha scongiurato il problema: "Per noi non è solo un calciatore, ma il simbolo e l'orgoglio della nazionale della Corea del Sud. È la guida per gli altri giocatori e il gioco di Paulo Bento ha in lui il centro di gravità, pensa che non contempla nemmeno un piano B e questo è un problema" chiosa Min Park. Chi ha beneficiato di quell'esenzione nel 2018 è stato anche Kim Min-Jae, pilastro del Napoli: "Sin da prima del sul approdo in Turchia lo consideravamo il futuro leader della nazionale sudcoreane per i prossimi 10 anni. Certo, al momento del suo salto in un grande torneo come la Serie A in molti erano preoccupati che potesse faticare, giocare poco. I precedenti di Ahn Jung-Hwan a Perugia e Lee Seung-Woo a Verona facevano riflettere. Ha smentito persino dirigenti e giornalisti. Il suo strapotere fisico in Asia faceva la differenza, ma l'Europa è un'altra cosa. Siamo orgogliosi di quello che sta facendo" continua Min Park.

OTTAVI POSSIBILI? - Molto dipenderà dalle condizioni di Son che recentemente è stato operato all'occhio sinistro dopo un brutto scontro avvenuto in una partita di Champions League. Il rischio che la stella del Tottenham non sia al top è molto alto. La squadra di Paulo Bento punterà come sempre sul dinamismo, tratto distintivo negli anni dei sudcoreani e sull'affiatamento di un gruppo collaudato nei 4 anni di gestione del commissario tecnico portoghese, che ha sempre preferito puntare su uno zoccolo duro a scapito di qualche esperimento.

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