Gasperini integrale: "Secondo me la più forte è il Napoli. Dispiace tanto per la Champions"

Ospite di lusso oggi a ‘Sky Calcio Club’. Negli studi della trasmissione condotta da Fabio Caressa è infatti presente il tecnico dell’Atalanta Gian Piero Gasperini: “L’episodio di Kessie non l’ho visto perché ero in macchina. Secondo me l’episodio di ieri è ancora diverso, quello che sapeva Irrati è che aveva fatto gol Palomino e quindi era in fuorigioco, lui ha dato gol. Forse è stato un errore di comunicazione, ma se fosse dato un fuorigioco attivo sarebbe andato a rivederlo. Non c’è giustificazione perché non può decidere il VAR se il fuorigioco è attivo o passivo. Queste registrazioni tra loro sembrano segreti di Stato, dovrebbero farcele ascoltare. Ci può stare anche l’errore, basta ammettere di aver fatto un pasticcio, altrimenti rimane sempre il dubbio di qualcosa che non va bene. C’è la possibilità di chiarire, poi ovviamente l’errore dell’arbitro va accettato. C’era un rigore netto su Zapata, ma quello è un errore dell’arbitro e lo accetti. L’episodio del secondo gol invece è ancora più pesante”.
Ha un po’ cambiato il modo di fare calcio, avvicinando l’Atalanta all’Europa.
“È un grande orgoglio per me, se ci fosse anche solo un elemento che ha condizionato altre squadre sarebbe un attestato incredibile. Sono stato considerato per tanti anni un pazzo, che giocava un calcio che non aveva futuro, anche quando avevo fatto buoni risultati al Genoa dieci anni fa. Devo ringraziare società e giocatori che mi hanno aiutato a realizzarlo”.
Lei si ispira al calcio totale olandese.
“Io ho iniziato a giocare a zona con un allenatore che si chiamava Catuzzi, all’epoca Zeman era in Serie C, l’unica squadra che giocava a zona era il Pescara, Sacchi all’epoca era ancora al Rimini. Più che la zona è stato il pressing quello che ha cambiato il mio modo di vedere il calcio, molto più con la palla e con il possesso. Poi ovviamente in questi anni penso di essere cambiato”.
L’avvio di stagione è stato complicato.
“Quest’anno è stata una stagione strana per gli infortuni che hanno colpito trasversalmente tutte. Difficile dire se c’entri il Covid, l’Europeo o le tante partite, spero che un giorno la scienza si aiuti. È indubbio che tutte, chi prima o chi dopo, hanno avuto un certo numero di infortuni. Noi li abbiamo avuti all’inizio e non ci erano mai capitati tutti questi problemi muscolari. Piano piano ne stiamo venendo fuori, ma è un bel tema”.
Bisogna occuparsi anche degli infortuni mentali?
“Quello è ancora più difficile, lavorare sulla testa non è facile. Poi ci sono state delle situazioni particolari che sono materia per gli psicologi e gli psichiatri, ad esempio quello che è successo a Ilicic. È bello rivederlo giocare, ci sono stati momenti in cui lui non voleva più giocare. Ha dei momenti molto buoni. Non è mai stato motivato come quest’anno, sta recuperando la condizione migliore, è forse un po’ appesantito dai farmaci, ma adesso è più forte anche mentalmente”.
Ho visto dei giocatori che non riescono a fare altrove le cose che fanno all’Atalanta.
“È chiaro che come tutte le squadre che hanno un’organizzazione curata, ma nostra ti porta ad aggredire in avanti. Ho trovato spesso da parte dei giocatori una bella predisposizione. Abbiamo fatto tre gol al Napoli che ne ha presi pochissimi. Non si può avere tutto, a volte bisogna fare delle scelte. Per anni abbiamo sentito che in A si vinceva solo con la difesa, che è vero. Ma anche se vuoi salvarti, hai bisogno di vincere dieci partite più che venti pareggi”.
Qual è la squadra più forte?
“Sono tutte e tre forti. Dopo 18 giornate penso che la classifica sia vera, ma secondo me la squadra più forte è il Napoli. Quando l’abbiamo affrontata voi era anche senza molti elementi”.
Voi?
“Noi abbiamo fatto bene, ma se loro vincono dieci partite di fila è difficile. Abbiamo rimontato diversi punti al Milan, viaggiamo molto forte, ma le prime sono state capaci di fare anche dieci vittorie di fila. Ieri abbiamo esagerato, non abbiamo fatto una buona partita in avanti, siamo rimasti troppo statici con una difesa organizzata della Roma, abbiamo esagerato nel portare avanti i difensori”.
I paragoni con l’Ajax?
“Nel calcio ormai dopo secoli non si inventa più niente, si copia sempre qualcosa da qualcuno. L’Ajax forse è stata l’ultima squadra che ho visto inventare qualcosa, sicuramente mi ha influenzato molto. Le soluzioni non le do io ma le trovo in campo con i giocatori, ad esempio non potevo immaginare che Demiral avesse questa capacità realizzativa. Certo bisogna trovare i modi per portarlo in area. Malinovskyi ad esempio è stato preso come regista, poi vedendolo in campo abbiamo sfruttato più altre caratteristiche”.
Quando sceglie un giocatore qual è la caratteristica che deve avere?
“Deve avere una qualità forte, poi un ruolo può avere mille interpretazioni diverse, ci sono tanti tipi di attaccanti e di centrocampisti, serve almeno una qualità in cui sono forti. Poi l’altra condizione fondamentale è la testa, che spesso si valuta troppo poco. Quando facevo i provini ai bambini bisognava capire in pochi minuti se c’erano delle qualità, per me è stata una scuola fantastica. In Italia si parla moltissimo di tattica, ma a me piace parlare dei giocatori. Quella è una cosa che mi appassiona da morire. Abbiamo un gruppo mentalmente molto solido e variegato, abbiamo tanti nazionali ma tutti di Nazioni diverse e abbiamo anche molti sudamericani, con delle culture diverse. Poi insieme anche giocatori come Ilicic e Muriel, che prima erano più indolenti, lavorano bene. Per me è importante che trovino soddisfazione e divertimento”.
Come mai i suoi messaggi non sono stati raccolti da una big?
“C’è stata l’Inter, di fatto ho allenato lì 15 giorni, non si è neanche iniziato a lavorare. La mia grande soddisfazione è stata il Genoa, poi sono arrivate delle chiamate dall’estero ma io ho sempre voluto allenare in Italia. Ho bisogno come tutti di avere una condivisione forte da parte della società. L’allenatore è l’anello più debole, in Italia non sceglie nemmeno i giocatori. L’allenatore spesso allena quello che trova, magari senza nemmeno guardare i ruoli, con rose numerosissime. Questo è un problema grave per gli allenatori”.
Quanto è dispiaciuta l’eliminazione in Champions?
“Tantissimo. C’è differenza tra la Serie A e l’Europa, ma quest’anno il nostro calcio si è avvicinato molto per merito un po’ di tutte, non solo quelle che sono in vetta ma anche qualche come Spezia, Empoli, Venezia. Mi è dispiaciuto molto perché era alla nostra portata, non è stato il Real Madrid dell’anno scorso, questa era una partita alla portata. Se fossimo arrivati con due risultati forse ce l’avremmo fatta, è difficile per noi arrivare all’ultima con l’obbligo di vincere. Il Villarreal ha monetizzato tutto al massimo”.
Ha visto bene Zaniolo?
“Questo ragazzo ha avuto degli infortuni incredibili. Ha tutto, fisicamente e tecnicamente, per essere un top. Speriamo che la sua evoluzione sia tale perché l’Italia ne ha bisogno. Io lo farei giocare in attacco, anche se con il tempo ho fatto rientrare nei miei schemi anche il trequartista”.
L’Inter ha una dimensione superiore agli altri?
“Assolutamente sì, infatti è prima in classifica. Ha dimostrato fino ad ora una solidità superiore alle altre. Obiettivamente pensavo che l’assenza di Lukaku potesse essere più determinante, ma è stato bravo Inzaghi a compensare con la globalità”.
Bastoni?
“Quel ruolo lo faceva anche Acerbi alla Lazio. Le soluzioni se le è portate dietro e gli sta andando bene. Poi ogni squadra ha le sue particolarità e le sue scelte, non basta fare tutti come l’Inter. Noi giochiamo sempre per cercare di vincere la partita e questo a volte ci porta a perdere qualche partita, ma anche a vincerne 11 su 18”.
La Juventus?
“È stata una scuola fantastica. C’è stato un periodo nel mio primo Genoa in cui si era parlato di me, ma l’opportunità non c’è mai stata. È stata una scuola fantastica per me sia da ragazzino che da allenatore nelle giovanili”.
Ha conosciuto Paolo Rossi?
“Sì, lui era un po’ più grande, io facevo gli Allievi e lui la Primavera. Era una grande persona. La Juve per me è stata una grande scuola di vita, sono stati anni molto formativi”.
Si aspettava le difficoltà della Juve?
“No ma penso che la Juventus verrà ancora fuori. Noi eravamo a 12 dal Napoli e dal Milan dopo le prime giornate, è tutto possibile. Ero convinto che la Juve sarebbe stata protagonista, ha dei buoni giocatori, non li farei scarsi come sono stati dipinti da alcuni. Credo sia destinata a fare un girone di ritorno su altri livelli, certo per lo Scudetto è lontanissimo ma per la Champions è in corsa”.
Guarda le statistiche?
“No, non sono appassionato, anche quelle del possesso palla non le guardo. Alcune sono significative, ma vanno analizzate, ad esempio dove fai il possesso palla e quante volte entri in area”.
Vuole vincere l’Europa League?
“Noi giochiamo sempre per vincere, è ovvio. Quando si parla di vincere si parla di Scudetto, Champions o Coppa Italia. Quella mi è rimasta qui, ci riproveremo. Certo vincere lo Scudetto o la Champions è dura, bisogna che sbagli più di qualcuno. Noi ci stiamo riproponendo da qualche anno attorno agli 80-85 punti, viene difficile farne 90. Noi abbiamo l'obiettivo di migliorarci, abbiamo un parametro che è il nostro, gli altri in altri momenti spendevano 100 milioni per un giocatore. Non dobbiamo essere statici ma avere la nostra base e da lì cercare di mettere sempre una virgola in più".
Quest’anno?
“Abbiamo venduto Romero che onestamente pensavo restasse, Demiral è stata una grande operazione e Koopmeiners è comunque forte, anche se è arrivato in un ruolo dove siamo coperti. L’Atalanta non può sbagliare acquisti, se non andiamo in Champions perdiamo 50 milioni, idem se sbagliamo un giocatore. Abbiamo preso dei guidatori forti come Miranchuk ma abbiamo tre giocatori nello stesso ruolo, questo è un errore che paghiamo ancora adesso perché ci manca una virgola da un’altra parte. Ma è esperienza. Negli anni qualche errore lo abbiamo fatto”.
È stato vicino alla Roma a un certo punto?
“Ho conosciuto Fienga e mi ha fatto una grandissima impressione, ero convinto che avrebbe fatto molto bene. Ma quell’anno l’Atalanta avrebbe lottato per andare in Champions e poi alla fine ci siamo andati al posto della Roma, per me era più importante”.
Le giovanili?
“Vedere i settori giovanili al 50% composte da stranieri mi dispiace molto per il nostro calcio. Tutti quelli che fanno le squadre, che non sono mai gli allenatori, spesso non hanno la conoscenza dello sviluppo dei giocatori, prendono giocatori per vincere subito. Spesso il ruolo dei direttori sportivi è in contrapposizione a quello degli allenatori, che spesso accettano le offerte perché c’è la fila di dieci allenatori per allenare una squadra anche di Serie B”.
Il suo impatto con l’Atalanta?
“L’Atalanta ha sempre tirato fuori talenti su una base di squadra vecchia, che doveva salvarsi e lì ho rischiato la pelle. All’ultima giornata abbiamo vinto contro il Napoli, ma anche contro il Pescara avevo messo in campo giocatori come Petagna, Gagliardini ecc. È una squadra che ha cambiato pelle negli anni”.
C’è un allenatore in cui rivede la sua capacità di incidere sulle squadre?
“Quelli che sono in Serie A mi piacciono tutti, sicuramente ce ne saranno tanti bravi anche in Serie B. Purtroppo non riesco a seguirla come facevo prima”.
