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Derby Scudetto -1 - Ritratti di Conte e Pioli, uomini e allenatori diversi e lontani

Derby Scudetto -1 - Ritratti di Conte e Pioli, uomini e allenatori diversi e lontaniTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
sabato 20 febbraio 2021, 14:15Serie A
di Marco Conterio

Due uomini profondamente diversi. Nel percorso, nell'approccio, nel carattere. Stefano Pioli e Antonio Conte, guide del derby Scudetto, perché che dir si voglia, o si taccia, quella di domani è una partita da titolo. Dove il colpo inferto all'avversaria può essere di quelli pesanti, nell'animo più che nella classifica. Sicché l'abitudine lascia pensare che Conte si senta più abituato alla situazione e dunque alla pressione. Senza mezzi termini ma dritto al punto, al cuore e all'obiettivo, Conte è l'emblema di un calcio dove l'allenatore spreme i suoi e l'ambiente fino all'ultima goccia d'amore e di sudore. Chiede tutto e grida forte, in una carriera da campione in campo, da vincente sia da calciatore che da tecnico. Simbolo di una Juventus che fu, prima della gran rottura con Andrea Agnelli, prima la panchina dell'Italia ed è sbarcato poi in Inghilterra. Successi, Don Antonio e poi un'altra frattura, stavolta con Roman Abramovich. In questa eterna lotta e ricerca della perfezione, in questa insoddisfatta felicità che sempre l'ha pervaso, in questa felice insoddisfazione che sempre l'ha stravolto, Conte è andato a cercare di ribaltare il mondo italiano. All'Inter, dove ha deciso prima di ergersi a furente condottiero, poi più a diplomatico manager nel bel mezzo del mare in tempesta della proprietà cinese. Uno, nessuno, centomila, Antonio Conte guida il campionato e solo lui sa, forse, se questa squadra sia realmente capace di togliere lo scettro alla Juventus.

O al Milan. Che è guidato da Stefano Pioli, le cui qualità umane hanno da un lato per fortuna, dal lato ingiustamente superato le qualità dell'allenatore. L'inizio è stato quello di un buon tecnico, dalle buone qualità, dai buoni risultati. Tutto buono, ma quando non tocchi l'eccellenza, allora rischi l'oblio della storia, senza gloria, senza allori. Però quel che ha fatto alla Lazio e al Bologna sono medaglie importanti, perché tutto va commisurato al valore del momento. A Firenze tutto è diverso, tutto è tragicamente unico. Tutto è racchiuso in due parole, dramma e amore. Davide Astori che vola via e Stefano Pioli che tiene nelle mani di allenatore, di uomo, di padre, un gruppo di ragazzi senza la terra sotto i piedi. La sua Fiorentina è quel colpo di testa in cielo di Vitor Hugo contro il Benevento, e il resto è solo almanacco, classifica e numeri. All'Inter lo chiamavano normalizzatore e non ha gradito, perché dentro ha sempre sentito di potere, di sapere, non solo di volere. Così ci sono storie che arrivano, capitano, percorsi che s'accendono in un attimo. Pioli al Milan ha messo la parola allenatore prima d'ogni altra cosa, grazie alle sue qualità prima di tutto. Non ha il carattere di Conte, il palmares, la storia, sicché i due profili che si scontrano sono così diversi che metterli sulla stessa direzione del percorso è quasi solo un caso. Così diversi ma con lo stesso sogno.

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