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La denuncia integrale dell'ex arbitro Abbattista: "Un documento falso per mandarmi avanti"

La denuncia integrale dell'ex arbitro Abbattista: "Un documento falso per mandarmi avanti"TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 19 marzo 2024, 12:30Serie A
di Dimitri Conti

Eugenio Abbattista, ex arbitro di Serie A e B fresco di dimissioni dal ruolo di VAR dopo un anno e mezzo circa di attività, lancia tramite la trasmissione Le Iene su Italia 1 il suo personale j'accuse verso il mondo dell'arbitraggio italiano. Inizia così Abbattista: "Mi sono dimesso perché ero stanco della sensazione di schifo che avvertivo attorno. Mi sono sentito con un bavaglio alla bocca che non mi apparteneva. Impossibilità di parlare, di esprimermi e autorizzazioni negate. Dopo il primo servizio che mi riguardava, io ho chiesto di poter parlare, non mi è stata concessa l'autorizzazione". Perché, gli chiede l'inviato Filippo Roma? "Perché risultava scomodo farmi parlare perché il documento che il massimo organismo degli arbitri ha prodotto nell'anno in questione e che ha permesso a me e ad altri arbitri di rimanere in organico, è un documento evidentemente falso".

In che senso falso? Prosegue Abbattista: "Perché io dovevo andare a casa, dovevo smettere di arbitrare perché non era stato chiesto che io rimanessi nell'organico. Il documento che è stato prodotto attesta il mantenimento nell'organico mio, di Calvarese e di Giacomelli, quando, in realtà, la relazione che avevano presentato i due valutatori parla di me Giacomelli e Calvarese a casa. Morganti mi ha chiamato e mi ha detto “Alla fine dell'anno smetti di arbitrare per la massima permanenza nel ruolo come arbitro". Abbattista conferma che si aspettava una sua dismissione, ma di essere comunque rimasto contento della conferma: "Sono stato contento perché restare in campo comunque mi gratificava. Però poi quando ci sono stati i ricorsi dei colleghi dismessi ho iniziato a capire che qualcosa non era andato per il verso giusto. Ho richiesto due volte volontariamente di essere ascoltato dalla Procura Federale per fare chiarezza. Ho confermato che Morganti mi aveva già comunicato che avrei smesso di arbitrare e nelle audizioni, mi hanno chiesto più volte: “Ma sei sicuro? Ma è vero? E così? Sei Certo?”. E, a conferma che il verbale del massimo organismo degli arbitri è falso, c'è un documento inedito che sono in grado di fornirvi dove c'è l'indicazione dell'organico della stagione. In quel documento lì né per Giacomelli né per Calvarese né per me, c'è un'indicazione di deroga o di conferma. Non c'è. Non lo troverete. Questo certifica che il valutatore Emidio Morganti, che voi avete intervistato, ha detto il vero: per me non era stata richiesta nessuna deroga, nessuna conferma".

Quindi ad Abbattista viene fatta vedere la smentita di Alberto Zaroli, vicepresidente dell'AIA, in merito al falso verbale, raccolta da Filippo Roma. E l'ex arbitro e VAR ribatte così: "Nel momento in cui delle persone sono sedute a un tavolo vedono, sono testimoni di un atto che poi si è verificato essere falso e non denunciano di fatto sono complici. Nel momento in cui io ho un'evidenza certa che quell'atto ha portato a condannare degli innocenti e a lasciare impuniti dei colpevoli, perlomeno per dignità personale l'atto delle dimissioni credo che sia dovuto. Ero stanco di essere circondato da uno schifo. Era uno schifo sia dal punto di vista dei valori che dell'atmosfera che respiravo e ho detto basta. La sensazione è che la Procura non andasse alla ricerca della verità, andasse alla ricerca della versione più comoda possibile". Ma perché la conferma sua, di Calvarese e Giacomelli, a che pro per l'AIA? Prosegue Abbattista: "È stata una mossa politica che niente a che fare con il terreno di gioco e con quello che gli arbitri vanno a fare in campo. Equilibri territoriali che sono tipici dell'AIA. È evidente, a febbraio 2021 si sarebbero fatte le elezioni, io la ritengo incomprensibile sia dal punto di vista politico che dal punto di vista umano".

Nell'AIA c'è democrazia? Su precisa domanda di Roma, risponde così Abbattista: "Noi abbiamo dimostrato che non ci meritiamo due cose, la democrazia e la politica, perché non siamo in grado di metterle in pratica, è inammissibile che un cittadino per poter parlare di questioni personali deve chiedere delle autorizzazioni, e peggio ancora, deve avere delle versioni concordate del mettiamoci d'accordo su cosa dire e non dire". Continua ancora Abbattista: "Alcuni degli errori fanno parte di un processo psicologico. Immaginatevi se uno sportivo deve andare in campo con un fardello psicologico, comunque con un'atmosfera, un'incidenza che sicuramente bene non gli fa. Ecco questo ha grande rilevanza al pari di avere un contratto annuale, perché anche quello suggestiona, limita, crea pressione potrebbe essere sicuramente impattante e portare anche ad avere un calo della performance perché non sei sereno. Chi scende in campo si deve occupare di tecnica, di atletismo, non di politica, di quella fazione, o di quell'altra".

Conclusione sulla figura che serve a tratteggiare le necessità della classe arbitrale: "Abbiamo bisogno di una figura di garanzia, quindi di un soggetto terzo rispetto a chi valuta chi designa, chi va in campo, che verifichi la liceità dei comportamenti e delle prestazioni di chi va in campo, la liceità, i comportamenti di chi valuta. Quindi sicuramente può succedere che un valutatore metta un voto sbagliato? Può succedere. Abbiamo in questo momento all'interno dell'Aia un organismo che verifica e quindi fa la valutazione dei valutatori corretta, reale, con degli elementi oggettivi? No, non c'è". E Abbattista non nega che le carriere dipendano anche da elementi politici: "Se te lo negassi non mi sarei dimesso e quindi te lo dico chiaramente. In alcuni casi, assolutamente sì". Come uscirne? L'idea proposta da Abbattista è semplice: "Commissariamento. Subito, immediatamente. Perché siamo in uno stato di confusione che richiede, in questo momento, un intervento di pulizia generale. In questo momento non siamo all'altezza di gestire una competizione elettorale. La cosa che serve oggi è riscrivere le regole dell'associazione, con principi di equità, con il senso di giustizia. Dotare l’Aia di un organismo di controllo e di revisione terzo, al di sopra delle parti, lo dobbiamo anche agli italiani, ai tifosi, perché siamo un'associazione di diritto pubblico. Abbiamo dimostrato in vent'anni di aver fallito. Se vogliamo riacquistare la credibilità all'esterno, dobbiamo avere il coraggio in questo momento di partire da zero".

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