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Pisa in A, Spinesi: "Eterna gratitudine a Inzaghi. Progetto solido e ambizioso"

Pisa in A, Spinesi: "Eterna gratitudine a Inzaghi. Progetto solido e ambizioso"TUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
Oggi alle 15:56Serie A
di Daniele Najjar

L'ex attaccante Gionatha Spinesi, pisano di nascita che ha giocato nella squadra della sua città prima di passare fra le fila di Inter, Bari e Catania fra le altre, è intervenuto in esclusiva a Tuttomercatoweb.com per parlarci di alcuni suoi ricordi, oltre che della fresca promozione in Serie A della squadra di Filippo Inzaghi.

Gionatha, ha festeggiato?
"E me lo chiede? Pippo (Inzaghi, n.d.r.) ci ha regalato una gioia immensa. Alla fine della partita di ieri mi sono fermato per cercare di capire che capolavoro avesse fatto. Gli dobbiamo molto, noi pisani. E' riuscito a far vivere il sogno più bello che si possa vivere ad un popolo e questo è impagabile".

Cos'ha portato?
"Innanzitutto li ha messi bene in campo. Poi ha portato la consapevolezza nei propri mezzi ed anche quella di poter superare i limiti. Soprattutto è riuscito a portare il vero entusiasmo a Pisa. Una piazza che l'entusiasmo lo ha sempre avuto, ma oggi la tifoseria è una delle più sane e corrette che ci siano anche grazie al lavoro che lui ha fatto".

Che tipo di sogni sta facendo per la Serie A? La società è ambiziosa.
"E' così, la società è ambiziosa, ha già fatto degli investimenti importanti dal punto di vista economico, come gli investimenti nelle strutture, nel centro sportivo, nel settore giovanile. Ora valuterà a 360 gradi l'obiettivo, capendo cosa serve per poterlo raggiungere. Chiaramente il primo step sarà quello di provare a salvarsi, ma quanto visto quest'hanno mi lascia ben sperare sul fatto che sia un progetto con una base solida".

E' il giusto premio anche per Filippo Inzaghi, quello di rientrare nuovamente in Serie A dalla porta principale?
"Pippo lo ha dimostrato quello che vale, è la quarta volta che ottiene una promozione. Sa il fatto suo e sa cosa serve per affrontare la Serie A, parlo come allenatore oltre che ovviamente per la enorme esperienza come ex calciatore. Da tecnico ha saputo fare la gavetta, partendo da dietro. Chi macina campi in serie C, poi sa bene cosa fare in A. Gli auguro che Pisa per lui possa essere il definitivo trampolino di lancio per lui: non vinci i campionati se non sei bravo, tatticamente e dal punto di vista della mentalità".

Parla di Pisa con il cuore in mano. Le sarebbe piaciuto tornarci o magari lasciarla più tardi?
"Pisa è la mia città, è evidente che far parte di un progetto, dare un mio contributo alla causa era e sarebbe ancora la massima gioia. Però dico questo: Pisa è diversa. Chi conosce Pisa o ci è passato come calciatore o allenatore sa di cosa parlo. E' una città che vive tutta la settimana in funzione del risultato della squadra nel calcio. Io ho vissuto il periodo in cui giocava nei dilettanti, in trasferta non ci sono meno di 1000-1500 tifosi, come si è visto anche a Bari. Così come i 5000 di Reggio Emilia tre settimane prima o gli 8mila di Genova. Se fai una proporzione...".

Con gli abitanti?
"Sì: su 100mila abitanti, almeno l'1% va in trasferta. Se la proporzione fosse la stessa in una città che fa 1 milione di abitanti come Napoli, sarebbero 10mila persone in ogni trasferta, a Milano 40mila (ride, n.d.r.). Questo per far capire quanto Pisa viva per il calcio. Provi a chiamare chiunque ci sia passato e le dirà lo stesso: è una piazza diversa da tutte. Ribadisco: grazie di cuore a Pippo".

Ora il derby con la Fiorentina.
"Ma a Pisa c'è attesa per qualunque partita. Soprattutto con le Toscane, certo, anche se la rivalità più grande è con Livorno. Poi certo, se vai a chiedere ai livornesi magari hanno il migliore amico pisano e viceversa, ma è il bello del calcio e del piacere dello sfottò. Per Firenze sarà meno sentita, perché loro guardano tutti dall'alto verso il basso (ride, n.d.r.). Parlano della seconda capitale d'Italia ed il resto della Toscana non è niente. Nel calcio porta dentro tutto questo per avere una settimana o una stagione per per fare sfottò. Come quando mi dicono qui a Napoli dove vivo: meno male che il Pisa è salito così abbiamo 6 punti assicurati. Lo accetto, è il bello del calcio, e la cosa straordinaria è parlarne".

Parlando di lei: com'è nato il soprannome "Gabbiano", legato alla sua esultanza?
"Io avevo sempre esultato con le braccia larghe anche prima di andare a Catania. Ad inizio campionato ero sul traghetto fra Messina e Reggio, dove stavamo andando in ritiro in Serie B. Mi chiamarono i giornalisti per dirmi: "Ti chiami Gionatha, c'è il gabbiano Jonathan Livingston, possiamo soprannominarti così?". E io: "Assolutamente sì". Mi rivedevo nella testardaggine del gabbiano, che non potrebbe mai fare quello che fanno le gabbianelle, ma alla fine riesce a farlo".

Due ricordi legati all'Inter?
"Gliene dico due legati a due giorni di fila. Il giorno prima facevo stretching a Pisa, il giorno dopo lo facevo alla Pinetina con Roberto Carlos, Paglica e Branca. Due immagini di stretching che rimarranno per sempre nella mia mente. Essere cresciuto in un ambiente come Pisa mi ha aiutato moltissimo, soprattutto giocare fuori età e poi nell'Interregionale. Un primo assaggio di calcio vero che mi è servito tanto".

Roberto Carlos aveva già un missile al posto del piede?
"Ci fu una punizione in allenamento. Hodgson disse a me e Berti: "Andate, andate pure in barriera". Noi ignari andammo. Fece quel suo tiro d'esterno dal limite dell'area nello stile di quel famoso gol alla Francia. La palla mi passò vicino al fianco, fischiava. Poi colpì il palo e senza che nessuno la toccasse o che toccasse terra, finì intorno al cerchio di centrocampo. Non dico cazzate, è successo davvero. Poi vi racconto però anche di un altro giocatore".

Prego.
"Ruben Sosa. Non faceva parte dell'Inter, ma venne un giorno a trovare i compagni al campo. Si mise a giocare con noi in allenamento. Poi mise un pallone a terra e disse: "Faccio tre curve, partendo da destra verso sinistra e prendo la traversa dalla parte opposta". Quindi parliamo di 70-80 metri di distanza. Non capivo cosa volesse fare. Poi lo vidi correre e colpire la traversa in pieno, con dei missili e la palla che si spostava da destra a sinistra di 4-5 metri. Quando vidi quello pensai: se questo è il calcio, meglio se mi ritiro subito".

Il Bari può centrare la Serie A?
"Mi auguravo che lo Spezia non vincesse in modo tale che il Pisa potesse mollare un po' e dargli i tre punti utili per continuare la corsa playoff. Seguo sempre le piazze nelle quali ho giocato, così come l'Arezzo e il Catania ovviamente. Mi auguro che il Bari possa raggiungere i playoff e poi la categoria che realmente merita, che è la Serie A".

Il "suo" Catania invece punta al ritorno in B.
"Mi parla di un'altra piazza che fa parte del mio DNA, del mio sangue proprio. Sono tifosissimo del Pisa, lo avete capito, ma potrei ripetermi sul Catania con lo stesso trasporto. Mi auguro che possa sfilarsi dal vicolo in cui si è infilato, per vedere la luce dall'altra parte del tunnel, anche se è lontana, basta che si possa intanto vedere, per raggiungerla passo dopo passo. Raggiunta la Serie A dal Pisa, le mie forze mentali ora sono tutte rivolte verso Catania affinché possa tornare in B".

Con chi ha formato la coppia più bella in attacco?
"E' una domanda forse da fare più agli altri, ero un po' atipico, cercavo di spizzare ogni mezza palla che balzava in area di rigore, da qualunque lato potesse arrivare. Però sicuramente i ragazzi con i quali mi sono trovato calcisticamente bene e con più feeling sono stati Roberto De Zerbi e Beppe Mascara. Anche con Elvis Abbruscato mi sono trovato molto bene, essendo due ruoli nei quali ci siamo dovuti adattare a vicenda l'uno all'altro, ma ci bastava uno sguardo".

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