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Khedira ha vinto tutto e ha giocato con tutti: maledetto fisico. La Juve non ha più avuto uno così

Khedira ha vinto tutto e ha giocato con tutti: maledetto fisico. La Juve non ha più avuto uno cosìTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
mercoledì 19 maggio 2021, 19:30Il corsivo
di Ivan Cardia

Ha salutato il Real Madrid dopo aver giocato 35 presenze nelle ultime due stagioni. Ha salutato la Juventus dopo aver giocato 35 presenze nelle ultime due stagioni. Ha tentato il canto del cigno con lo Schalke 04: da febbraio è sceso in campo otto volte, di cui tre da titolare. Se si parla di Sami Khedira e non si tiene conto di quanto il fisico l’abbia fermato, non si fa giustizia alla sua carriera. Il centrocampista tedesco ha annunciato oggi il suo ritiro, a soli 34 anni. Non è più protagonista vero da almeno tre, frenato dai guai che pure nei primi tre anni a Torino erano sembrati un brutto ricordo degli anni di Madrid.

Ha vinto tutto e ha giocato con tutti. Il palmares racconta quello che Khedira è stato: uno dei migliori centrocampisti della sua generazione. Ha vinto praticamente tutto quello che c’era da vincere: la Champions League, cinque scudetti, un campionato spagnolo e uno tedesco. Il Mondiale del 2014, saltando la finale guarda caso per infortunio. Ha dato il meglio al Real con Mourinho e alla Juve con Allegri, ma anche allenatori molto diversi come Ancelotti e Sarri avrebbero contato ben volentieri su di lui. L’hanno potuto fare solo a intermittenza, per via di quel fisico di cristallo che proprio non gli ha dato tregua. È stato una delle colonne portanti del ciclo di Joachim Low in nazionale. Si è sempre detto che ha giocato con tutti gli allenatori che ha avuto, e se non è vero fino in fondo è soltanto per strappi, infiammazioni, guai al ginocchio e nel 2019 persino al cuore. In carriera ha dovuto saltare quasi duecento partite per infortunio: è un numero impressionante, il fatto che ne abbia giocate altre 544 lo è ancora di più.

L’ultimo grande centrocampista della Juventus. In Italia, Khedira è inevitabilmente legato alla squadra bianconera. Che sente l’assenza di uno come lui: intelligenza tattica e fisico, ma anche capacità di incidere sotto porta. A Torino è arrivato a parametro zero nel 2015, con la fama di campione di cristallo. È riuscito a trovare continuità, e a cambiare il proprio gioco: fino ad allora aveva segnato 26 gol in club. Solo nelle prime tre stagioni alla Juve, le migliori soprattutto per costanza, ne ha messi a segno 19. Con Pjanic e Matuidi, ha in qualche modo retto l’eredità dell’irripetibile quartetto formato da Pirlo-Pogba-Marchisio-Vidal. Dopo il suo addio, la Juve non ha più avuto lì in mezzo uno così, da due punti di vista. Il primo: uno che avesse vinto tutto, e quindi sapesse trasmettere agli altri cosa serve per farlo. Il secondo: uno che sapesse al contempo dare gioco e fare male agli avversari. Un campione, appunto.

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