Dalla dipendenza dai videogames al Pallone d'Oro, così Ousmane Dembelé si è ripreso tutto

Ousmane Dembélé questa sera ha alzato al cielo il Pallone d’Oro 2025, coronando un percorso che, solo pochi anni fa, sembrava pieno di ostacoli e tutt'altro che felice. A Barcellona, in particolare, il suo talento era spesso messo in discussione: nonostante l’arrivo in Catalogna nell’estate 2017 per 105 milioni di euro più 40 di bonus, Dembélé faticava a conquistarsi un posto da titolare in squadra. I media spagnoli lo avevano etichettato come "dipendente dai videogiochi", sottolineando ritardi agli allenamenti e nottate passate davanti alla console, episodi che avevano addirittura portato mister Ernesto Valverde a escluderlo da alcune partite cruciali della Liga.
Non era solo una questione di atteggiamento: la vita notturna e la passione per i joystick si erano aggiunte a un infortunio dopo l’altro, alimentando dubbi sulla sua professionalità e la sua carriera. Eppure, nonostante le tante critiche e le altrettante difficoltà, Dembélé non ha mai smesso di crederci: dalla crescita al Rennes alla maturazione in Germania con il Borussia Dortmud fino al PSG, seppur col flop catalano di mezzo.
La svolta definitiva - si sa - è arrivata a Parigi, dove Dembélé ha trasformato i dubbi in applausi, conquistando il massimo riconoscimento individuale del calcio mondiale a suon di gol decisivi, titoli e prestazioni da leader. I critici del passato, che lo vedevano più impegnato con i videogiochi che con il pallone, oggi si devono dunque ricredere. Il mondo del calcio si inchina, la rivincita di Dembélé è servita.
