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Fonseca: "Sono stato molto bene a Roma. Tiago Pinto e Mourinho sono stati onesti con me"

Fonseca: "Sono stato molto bene a Roma. Tiago Pinto e Mourinho sono stati onesti con me"TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 20 novembre 2022, 13:15Serie A
di Alessio Del Lungo

Paulo Fonseca, tecnico del Lille ed ex Roma, ha parlato ai microfoni di Sky Sport, trattando molti temi. Di seguito le sue dichiarazioni:

C'è stato un momento in cui ha capito che avrebbe fatto l'allenatore?
"All'inizio non avrei mai pensato di essere un allenatore, poi dopo 28-30 anni ho iniziato a pensare a quello che volevo fare dopo la vita da calciatore. Ho avuto allenatori che mi hanno portato entusiasmo per conoscere gli allenamenti, il modo in cui si gioca... Ho iniziato così, ho fatto il corso e a 32 anni ero già motivato per iniziare".

Qual è stato il suo primo obiettivo?
"Il primo obiettivo è sempre stato arrivare nella prima lega del Portogallo, mai ho pensato ad altro. Quando ho iniziato volevo allenare lì, mai ho pensato di andare in altri campionati e adesso è l'opposto. Voglio stare nei migliori campionati, difficilmente tornerò in Portogallo".

L'esperienza allo Shakhtar le ha cambiato la vita?
"Sì, non solo professionalmente. Quella è stata la mia prima esperienza fuori. Quando abbiamo giocato contro, a loro è piaciuto il gioco del Braga e Lucescu, che avevano da 12 anni, volevano cambiarlo. Per me è stata una buona opportunità e ha cambiato la mia vita, è stata la mia prima volta in Champions, che è una cosa molto molto importante per un tecnico. E ha anche cambiato la mia vita personale".

Come vive il momento che sta trascorrendo tutta l'Ucraina?
"Per me è difficile parlarne. Sono stato molto felice là, sono molto legato al Paese ed allo Shakhtar, ho conosciuto lì mia moglie, ho un bambino nato lì, ho casa in Ucraina, ho amici... Posso dire che è quasi la mia seconda patria e vivo intensamente tutto quello che sta succedendo là. Le persone che conosco sono in sofferenza, è molto molto difficile guardare quelle cose. Io c'ero quando è iniziata la guerra... Per noi è facile guardare in tv le vicende, poi torniamo alla vita normale, ma lì le persono soffrono ed ogni giorno vengono a mancare. Possiamo fare di più, è difficile guardarli senza fare niente. Stanno lottando da soli contro un dittatore che mente tutti i giorni, che ammazza persone e che è un pericolo per l'umanità. Continuiamo a guardare, ma non è sufficiente quello che facciamo per l'Ucraina e per il mondo".

Ci racconta cosa ha vissuto quando è scoppiata la guerra?
"Ero a casa quando le bombe sono arrivate a Kiev. Per noi è stato un momento tragico come per tutti, è diverso immaginare quello che abbiamo sentito. Per noi è stato difficile pensare di fuggire con un bambino di 2 anni ed essere equilibrati, ma non è niente se lo paragoniamo a chi vive adesso questo periodo. Quando sono arrivate le bombe tutti volevano scappare ed era impossibile andar via, ci volevano 8 ore per fare 2-3 chilometri. Lo Shakhtar mi ha aiutato e anche l'ambasciata del Portogallo, ma sono state 30 ore di viaggio senza sapere quello che poteva succedere, sentendo sempre l'allarme, con due bambini...".

Come si spiega ai bambini?
"Il mio non ha capito cosa è successo, ma oggi è difficile non parlare con lui di questo perché guarda e sente che è successo, domanda quando torniamo. Io ho la speranza che un giorno questo possa finire".

Poi lei è approdato alla Roma.
"Abbiamo giocato contro la Roma e poi sono andato a Roma (ride, ndr). Sono stato molto bene lì, anche all'inizio. La Roma è un club diverso, le persone sono molto calorose e non è stato facile, tutti noi sappiamo che non è facile essere un allenatore lì, ma vivere quei sentimenti è stato un momento unico, è un ambiente diverso da tutti gli altri".

Come si è trovato come vita quotidiana?
"Mi è piaciuto tanto vivere a Roma, la città è bellissima, le persone sono molto calorose ed è un ambiente diverso da tutti gli altri".

Con Mourinho vi siete sentiti quando ha saputo che lui sarebbe stato il suo successore?
"Ci siamo scambiati dei messaggi, ho capito la situazione e lui è stato onesto con me. Ho avuto la possibilità di constatare la sua onestà".

Forse lei era l'unico che lo sapeva anche prima dell'annuncio.
"Tiago Pinto lo stimo molto, sta facendo un grande lavoro ed è stato sempre molto onesto con me. Per me è stato un periodo difficile, anche perché quando i Friedkin sono arrivati eravamo in uno stato di transizione, senza direttore sportivo e con loro che erano nuovi, non avevano mai vissuto il calcio. Senza l'aiuto di un direttore, che è troppo importante per un allenatore ero in difficoltà. Poi Tiago è arrivato e le cose sono state molto chiare per me".

Qual era l'obiettivo dei Friedkin?
"Portare entusiasmo, volevano un progetto nuovo, iniziare da zero, hanno investito, portato un allenatore che ha vinto tanto, è normale quello che è successo".

Che rapporto ha con i tifosi della Roma?
"Loro sono molto calorosi con me, quando è scoppiata la guerra in Ucraina ho ricevuto tanto sostegno su Instagram e anche al telefono. Per me è impressionante quello che mi fanno sentire, quando vado a Roma, ma non solo... Loro sono un popolo diverso, mi è piaciuto tanto e continuo ad amare la città ed il tifoso".

Che ne pensa di Mourinho?
"Mourinho è un riferimento per tutti noi, ha vinto tanto, è portoghese ed ha ispirato tanti allenatori. Ha iniziato un processo che ha cambiato il modo di vedere gli allenamenti e il gioco in Portogallo. Lui è stato molto molto importante".

Ricorda la conferenza in cui si vestì da Zorro?
"Sì, è stato un momento unico. Era Halloween e mi è stato chiesto qual era la mia maschera preferita da una giornalista e risposi quella. Quando sono uscito, il club mi ha detto che se avessimo vinto mi sarei potuto presentare in quel modo, ma mai avrei immaginato che il giorno dopo arrivassero con quella maschera. Il calcio a volte è troppo serio, ho ricevuto tante critiche, ma è stato un momento diverso".

Come si trova al Lille?
"Sono molto molto soddisfatto di essere qui, è un club che mi piace molto: l'atmosfera, le persone, le condizioni di lavoro... Abbiamo un campionato che mi ha positivamente sorpreso, è diverso, ma mi piace molto".

Cosa c'è di diverso tra la Serie A e la Ligue 1?
"In Italia è più difficile, più tattico, senza spazio, le squadre sono molto elaborate da affrontare tatticamente. Qui è un po' diverso, tutte vogliono giocare, c'è più spazio, le partite sono più aperte, abbiamo sempre una grande atmosfera allo stadio. Abbiamo perso giocatori importanti, ma c'era la necessità di vendere. Siamo in un periodo di trasformazione, è un nuovo progetto e questa non è la squadra che ha vinto il campionato due anni fa. Stiamo iniziando un nuovo corso, siamo giovani e sono entusiasta e molto motivato di iniziarlo. Volevo un progetto dove potevo iniziare io a dare un'idea di gioco e, dal primo momento che mi hanno chiamato, ho sentito che era quello scelto per me perché volevano costruire una nuova squadra e una nuova idea di gioco. Volevo un progetto così".

Barnaba è un italiano a capo del Lille. Lo conosceva già?
"L'ho conosciuto qui, mi ha chiamato... Lui è vicino alla squadra, c'è sempre alle partite".

Perché per lei è sempre importante l'equilibrio?
"(Ride, ndr). Non solo nel calcio, anche nella vita. La depressione o l'euforia non lasciano pensare in modo giusto ed equilibrato e così cerco di dare equilibrio a tutti quelli che lavorano con me".

Il PSG è di un altro livello in Francia?
"Sì, è la verità. Hanno fatto un investimento totalmente diverso dalle altre squadre in Francia, ma non solo qui. Anche se si paragona alle italiane... Messi, Neymar, Verratti, Mbappé, Vitinha... Non è facile averli tutti insieme. Non è giusto per me un investimento così diverso da tutte le altre, ma è la realtà. La società ha cambiato molto, hanno persone che vogliono investire nel club, ma una differenza così non è giusta per me. Onestamente non so cosa possiamo fare, ma UEFA e FIFA vogliono fare qualcosa per cambiare".

Qual è il suo sogno?
"Quello che voglio è avere il piacere di lavorare. Oggi è più difficile con il fatto che le squadre portano giocatori che hanno più potere degli allenatori. La cosa più importante è lavorare sul campo ed essere felice, non faccio programmi".

Come vive quando è a casa?
"Io lavoro al centro d'allenamento, ma è importante, quando arrivo a casa, lasciare il lavoro e stare con la famiglia".

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