Speciale Hellas - Ritratto di Tony D'Amico, il ds che lavora lontano dai riflettori

L'uomo nell'ombra. Tony D'Amico lo descrivi così, come un deus ex machina che schiva le luci dei riflettori e lascia che sia il suo lavoro a qualificarlo. Un vecchio adagio suggerisce che c'è sempre un tempo per parlare e uno per tacere, e Tony predilige sempre o quasi il secondo. Le radici a Popoli, un piccolo comune del pescarese, ma Verona è ormai a tutti gli effetti una seconda casa. Che l'ha accolto, gli ha consentito di commettere qualche errore - non molti, a onor del vero -, e l'ha visto infine diventare grande.
D'Amico è l'oro del Verona di Setti. Che volendo perseguire un modello sostenibile, deve necessariamente fare affidamento su un management di primissimo livello. L'Hellas è in questo senso una realtà unica nel suo genere: dopo il primo straordinario anno di Juric, ad esempio, vennero ceduti in un colpo solo Amrabat e Rrahmani, due talenti scovati dal nulla e valorizzati in meno di un anno. Ossigeno puro per le casse del club che, quella stessa estate, accolse tra gli altri quell'Antonin Barak che allora giungeva quasi in esilio da Udine, e oggi si candida a diventare l'ennesima cessione remunerativa orchestrata dal d.s. gialloblù. Un mix di talenti e uomini giusti da rilanciare, dunque, come dimostrano i più recenti casi di Caprari e Simeone, gemelli del gol a Verona dopo i su e giù delle ultime stagioni. Accanto alla capacità di individuare i campioni del domani, poi, c'è anche quella di fare ammenda: Di Francesco lo scelse proprio D'Amico, che resosi conto della topica influì sulla decisione dell'esonero e ci mise la faccia, assumendosi le proprie responsabilità nella conferenza di presentazione di Tudor. Per qualcuno fu una mossa avventata, il film di questa stagione ha raccontato altro.
L'attuale vincolo con l'Hellas è valido fino al 2023, ma fosse per Setti D'Amico firmerebbe un contratto senza scadenza. È per questo che gli ammiccamenti dell'Atalanta non sono passati inosservati dalle parti di via Olanda: se gli ultimi anni hanno dimostrato che nessun giocatore è davvero imprescindibile, ripartire con una nuova guida dirigenziale equivarrebbe a gettarsi a capofitto in un terreno completamente inesplorato.
