Non c'eravamo mai amati. Sarri e la Juve, anatomia di un rigetto: ma chi ve l'ha fatto fare?

Gira che ti rigira, sempre di Juventus si parla. Quella di Maurizio Sarri a Sportitalia di ieri sera è l’intervista dell’anno, una di quelle che tutti vorrebbero fare e che ti può capitare soltanto dopo che l’ultimo allenatore a vincere lo scudetto in bianconero viene da 332 giorni di silenzio. A 360°, ma fino a un certo punto. Perché di Lazio non si parla, di Napoli poco, di Roma e Fiorentina un filo. C’è soprattutto la Juve, nelle domande e nei pensieri, anche se per esempio Sarri non ha mai parlato di Allegri, che rappresenta il contraltare perfetto del suo modo di allenare. E al quale qualche riferimento indiretto non è mancato. Quando si parla di intristirsi a fare il gestore, o di non capire chi pensa che giocando male si vinca, quale mai può essere il termine di paragone. Sarri e la Juve quindi, un amore che tale non è mai stato, perché la crisi di rigetto era talmente evidente che già a ottobre il toscano chiedeva al suo staff se sposare l’ortodossia e andare a casa dopo 20 giorni o accettare compromessi e andare a casa dopo otto mesi. Diventati qualcuno in più soltanto per la pandemia. Non si sono mai presi, si vede, dal primo all’ultimo giorno. Perché Sarri, che in maniera molto sacchiana mette la squadra al primo posto rispetto ai giocatori, avrebbe messo al centro Dybala, giovane fuoriclasse utile al resto della truppa.
Meno Cristiano Ronaldo, una multinazionale che è difficile gestire perché va oltre la dimensione di una società. Di una qualsiasi società, ma nello specifico della Juventus. La stessa che aveva infranto il sogno dei 91 punti del Napoli, e che poi si concedeva il lusso di non festeggiare uno scudetto soltanto perché il nono di una lunga e ininterrotta fila. Salvo poi trovarsi a celebrare un quarto posto che aveva il sapore della vittoria soltanto per chi rischiava di non andare in Champions League. Cioè di non centrare un risultato che era al di sotto, e pure di parecchio, del minimo sindacale. Sarri torna a parlare ed è anche il racconto di un pentimento, quello di aver lasciato il Chelsea per tornare in Italia ed entrare nel Palazzo più prestigioso della Serie A. Ma è soprattutto l’anatomia di un amore che non è mai stato e che a ben guardarlo non sarebbe mai potuto essere. Non erano sbagliati né l'uno né l'altra: il primo ha incantato e vinto, continuerà a farlo; la seconda ha soprattutto vinto, continuerà anche lei. Erano semplicemente sbagliati l'uno per l'altra. Resta solo una domanda, per Sarri e per la Juventus: ma chi ve l’ha fatto fare?
