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Shevchenko: "Nell'Euroderby di ritorno può succedere di tutto. Milan riparta dal secondo tempo"

Shevchenko: "Nell'Euroderby di ritorno può succedere di tutto. Milan riparta dal secondo tempo"TUTTO mercato WEB
sabato 13 maggio 2023, 13:13Serie A
di Lorenzo Di Benedetto
fonte da Milano, Antonello Gioia

Presente alla Milano Football Week, Andriy Shevchenko, ex attaccante del Milan, ha parlato dal palco affrontando tanti temi, a partire dal suo arrivo al Milan: "La mia carriera al Milan è stata fantastica. Quando sono arrivato la prima volta conoscevo i grandi campioni e la società che c’erano. Io ero un ragazzo giovane, arrivando al Milan ho fatto uno step molto grande. Quello che mi ha impressionato più di tutto è che il Milan è una famiglia: la grandezza di Maldini, Costacurta, Albertini… mi hanno accolto con un grande abbraccio, mi hanno aperto il cuore aiutandomi a inserirmi bene in Italia. Costacurta è sempre stato vicino a me”.

Ricorda le prime emozioni?
"Mi sono sentito a mio agio esprimendo tutte le qualità al meglio. Io mi ricordo i primi gol, come la tripletta alla Lazio all’Olimpico, mi sentivo benissimo. Ho giocato contro Nesta ed è stato un momento bellissimo. Emozionarmi è parte del mio carattere. Ci tenevo tanto a venire a Milano, era un obiettivo di diventare un giocatore forte anche per il mio Paese”.

La telefonata per il pallone d’oro?
“Non ci credevo. È sempre stato un mio sogno. Da bambino guardavo chi aveva vinto il Pallone d’Oro tra gli ucraini, io ero cresciuto guardando loro. Nel Milan guardavo Van Basten, attaccante incredibile. Il target era molto alto, è stato un sogno per me vincerlo. Quando l’ho saputo sono stato contento. Grazie ai miei compagni: senza il Milan, senza i miei compagni del Milan e dell’Ucraina non ce l’avrei fatta”.

Com'è andata la trattativa con il Milan?
“Sapevo che sarebbe venuto un dirigente del Milan per incontrarsi con la Dinamo Kiev. Braida si presentava molto bene, elegante, con la cravatta. Mi portò una maglia del Milan e mi disse “tu con questa maglia puoi vincere il Pallone d’Oro”".

La prima volta a San Siro?
"Quando venni per la prima volta a visitare San Siro mi dissi: io tornerò a giocare qui. C’erano altre squadre su di me, ma il Milan mi ha voluto di più. Quando Galliani venne a vedermi io non feci una grande partita, ma mi ero già fatto notare in altre gare”.

Il rigore di Manchester nella finale di Champions contro la Juventus?
“Ogni volta che ci penso mi emoziono. È il momento più bello della mia storia. Scrivere il mio nome dentro la storia del Milan è pazzesco. Non fu un anno facile per me. La stagione cominciò molto male, con un infortunio di 3 mesi. Il rientro fu molto difficile, Ancelotti cambiò formazione passando all’albero di Natale. Non mi piaceva tanto, ma funzionava. La squadra giocava bene. Io ero in panchina e soffrivo tanto, ma capivo anche il momento. Aspettavo il mio momento. E quel momento è arrivato contro il Real Madrid. Mi chiamò Ancelotti e mi disse che mi dava l’occasione di giocare. Ancelotti è un grande allenatore, lui crea sempre un feeling incredibile con i giocatori. Riuscì a motivarmi e io ero già molto motivato. Vincemmo 1-0 col Real con un mio bellissimo gol e li ripartì la mia stagione. Poi essere protagonista nelle semifinali contro l’Inter, partite difficilissime e molto sofferte, e in finale con la Juve è stata un'emozione forte”

Il gol nel derby del 2003?
“C’era tensione, qualcuno non riusciva a dormire, c’era tanta pressione. Nessuno voleva perdere. Quando giochi davanti non hai molto spazio e tempo, Cordoba era forte e mi marcava; io chiesi a Seedorf di passarmi la palla nel momento giusto. Lui mi capì e il mio gol arriva su un suo assist al momento giusto. Lo segnai con istinto, già sapevo come posizionarmi".

Com'era giocare contro Cannavaro?
"La Serie A era la più forte del mondo. Il Parma era fortissimo, per esempio, senza citare le big storiche. C’erano grandi nomi e grandi giocatori. Cannavaro aveva personalità, non lasciava mai spazio, veloce, saltava bene, bisognava trovare i mezzi per sbilanciarlo. Ognuno di noi ha i suoi trucchi. Io studiavo sempre bene i difensori. Ho visto tante immagini di Cannavaro e sapevo che era molto bravo sull’anticipo, quindi mi creavo spazio per andare incontro e poi sul lungo”.

Quanto conta la personalità per giocare nel Milan?
“Non si nasce campioni, ma si diventa. Si nasce col talento, ma per diventare campione servono sacrificio, lavoro, intelligenza, voglia di migliorare. Trovare nuovi obiettivi. Bisogna saper gestire i momenti difficili. Ho visto grandi giocatori non saper gestire momenti di grandi pressioni, e quelli con meno talento che si trasformavano nei momenti di pressione, dando messaggio alla squadra di compattezza e di voglia di lavorare per i compagni”.

Lobanovski cosa le ha dato?
“Nella mia vita ci sono state persone che mi hanno trasformato, sarò sempre grato a loro. Lobanovski è un esempio di grande allenatore, ha cambiato il calcio mondiale e lavorare con lui mi ha cambiato in disciplina, voglia di sacrificio, anche a livello fisico”.

Come si gestisce l’attesa del derby tra andata e ritorno?
“Racconto la mia esperienza. Eravamo tutti nervosi. Gattuso ci faceva pensare a essere gruppo, vedendolo. Io cercavo di guardare Maldini: la sua esperienza, la sua grandezza, la sua tranquillità. Anche Costacurta ci guidava. Ma a me questa pressione mi piaceva tanto, mi eccitava, mi dava forza, mi incuriosiva il momento di grande tensione. Mi preparavo bene psicologicamente”.

Come ha visto il derby d’andata?
“(Sospira, ndr) Io sono positivo. Bisogna dimenticare il primo tempo. Nel secondo tempo c’è stata una giusta reazione, con spirito e atteggiamento giusto, con un piano di gara. Bisogna che il ritorno sia come il secondo tempo: si possono giocare così le proprie chance”.

Pioli?
"L’allenatore ha tante pressioni. Ho tanto rispetto per Pioli: il lavoro che ha fatto nel Milan, con scudetto e semifinale di Champions, è positivo. Lui conosce bene la squadra, bisogna fidarsi di lui. Nel ritorno, con lo spirito nel secondo tempo, può succedere di tutto”.

Cosa fanno i suoi figli?
"Il mio secondo figlio sta provando a diventare calciatore, lui ha ambizione. È difficile, ma ci sta provando. Era al Chelsea, ora gioca nel Watford”

Similitudini tra il Milan attuale e il suo?
"La forza del Milan è il gruppo, la voglia di stare insieme, devono divertirsi insieme, hanno obiettivi simili. Guardando la vita nella direzione simile si crea un gruppo vincente. Questa era la forza del Milan del nostro gruppo. Ora è ancora così? Io lo vedo. Le squadre che vincono creano gruppo. Tu puoi avere 10 campioni, ma se non si trovano bene sarà difficile vincere qualcosa. Serve il lavoro della società, dell’allenatore, ma la maggior parte deve arrivare dai giocatori. Se tu giochi per una grande squadra capisci gli obiettivi di una grande squadra, ti rendi conto che da solo non puoi vincere niente. Il gruppo è la cosa più importante”.

Cosa faceva dopo una vittoria?
“Mi piace tantissimo la musica. Dopo la vittoria in Supercoppa Europea a Montecarlo ci siamo messi a cantare insieme, cantava Ancelotti e lui è imbattibile in queste cose”.

Ha pensato alla finale a Istanbul?
“Queste sono cose da giornalisti che create sempre coincidenze (ride, ndr). Sarebbe bello vedere il Milan che torna a Istanbul. E vince”.

È quello che ha segnato più gol nei derby.
“Quando sono arrivato ho sentito tanto del derby: la pressione, la città che parla… Non abbiamo avuto tanto tempo per preparare il primo derby. Ci fu un evento organizzato dalla Gazzetta con 3 giocatori del Milan e 3 dell’Inter. C’era il diluvio a Milano. Alle 17 eravamo tutti in orario: eravamo Bierhoff, io, per l’Inter c’era Ronaldo, Vieri e Zamorano; aspettavamo Weah che era in ritardo. Arriva lui vestito da militare. E io ho pensato: adesso ho capito cosa vuol dire il derby di Milano”.

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