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L’Inter "fortunata" di Pirlo: un’uscita infelice, figlia di un calendario segnato dalle disparità

L’Inter "fortunata" di Pirlo: un’uscita infelice, figlia di un calendario segnato dalle disparitàTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 21 marzo 2021, 08:00Il corsivo
di Ivan Cardia

“L’Inter è stata anche fortunata”. L’ha detto Andrea Pirlo, tecnico della Juventus. Il riferimento è al fatto che i nerazzurri, fermati dall’ATS di Milano, oltre al rinvio della gara col Sassuolo, beneficeranno della possibilità di lavorare durante la sosta per le nazionali. Con i calciatori internazionali a disposizione di Conte. A differenza di tutti gli altri tecnici del nostro campionato, a partire dallo stesso Pirlo. E dalla stessa Juve, che ha giocato, come del resto tante altre, in condizioni molto simili a quelle dei nerazzurri. Fortunati, appunto. Non proprio la parola che avremmo scelto. La fortuna, accostata a una squadra che fino a ieri aveva il proprio amministratore delegato ricoverato in ospedale e deve fare i conti con un vero e proprio (seppur controllato) focolaio, non suona, come dire, una scelta lessicale particolarmente fortunata. Come se il contagio, più che una preoccupazione, fosse soltanto un fastidio che incide sui destini della squadra di turno. Un’uscita infelice, che nasce però da una situazione oggettiva, sulla quale è difficile dare torto a Pirlo.

Un calendario segnato dalle disparità. L’Inter, sia chiaro, non ha colpe. Peraltro sembra che abbia vinto il campionato perché le hanno rinviato una partita: un’esagerazione. Forse non ne ha nessuno, si può soltanto accettare la stagione che stiamo vivendo. Il rinvio della gara col Sassuolo è stato un atto dovuto delle autorità sanitarie. L’assenza di polemiche, per la quale per la seconda volta va dato merito ai neroverdi, una novità rispetto ad altri precedenti. Quelli che hanno aperto il vaso di Pandora. Uno su tutti, il celebre Juventus-Napoli. La madre di tutte le animosità, protagonista anche di un discusso e discutibile rinvio di recente; del resto, i latini dicevano che ciascuno è artefice della propria fortuna: mica fessi. Da lì in poi, se il protocollo della Serie A non è diventato carta straccia, poco ci manca: è entrata in gioco la componente delle ASL. Contemplata dalle regole, certo. Ma che i club avrebbero dovuto fare di tutto per scongiurare con i loro comportamenti. Era questo il patto sociale e non scritto che avrebbe dovuto tenere insieme tutto. Così non è stato. Con le loro differenze regionali, e i loro interventi privi di un vero coordinamento, le autorità sanitarie sono diventate la variabile impazzita del campionato. C’è chi ha giocato con mezza squadra in isolamento e chi s’è visto la partita rinviata per pochi casi. La colpa? Non delle ASL, certo: fanno il loro lavoro. Delle società, di sicuro, visto che per esempio a un certo punto s’era parlato di centralizzare i controlli sui tamponi. Non si è fatto, e non si è mediato col governo per mettere in sicurezza il giocattolo. Probabilmente non si romperà: dall’albero maestro si vede la terra, la barca può arrivare comunque in porto. Ma sarà fortuna, in questo caso non ci sono dubbi. Quanto alla regolarità, non regolamentare ma sportiva, di un campionato nel quale non tutti hanno sempre giocato con le stesse regole, è difficile far finta che il calendario non sia stato segnato da disparità. Alterato, magari no. Condizionato, questo sì. È uno dei tanti giochi di parole su cui si regge questa stagione ballerina.

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