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La Gazzetta dello Sport intervista Papa Francesco: "Il mio sport è una palla di stracci"

La Gazzetta dello Sport intervista Papa Francesco: "Il mio sport è una palla di stracci"TUTTO mercato WEB
sabato 2 gennaio 2021, 07:43Rassegna stampa
di Antonio Parrotto

Intervista a Papa Francesco sulle pagine de La Gazzetta dello Sport in edicola oggi. Il Santo Padre ha parlato di quando, da bambino, andava allo stadio a vedere le partite: "Ricordo molto bene e con piacere quando, da bambino, con la mia famiglia andavamo allo stadio, El Gasómetro. Ho memoria, in modo particolare, del campionato del 1946, quello che il mio San Lorenzo vinse. Ricordo quelle giornate passate a vedere i calciatori giocare e la felicità di noi bambini quando tornavamo a casa: la gioia, la felicità sul volto, l’adrenalina nel sangue. Poi ho un altro ricordo, quello del pallone di stracci, la pelota de trapo: il cuoio costava e noi eravamo poveri, la gomma non era ancora così abituale, ma a noi bastava una palla di stracci per divertirci e fare, quasi, dei miracoli giocando nella piazzetta vicino a casa. Da piccolo mi piaceva il calcio, ma non ero tra i più bravi, anzi ero quello che in Argentina chiamano un “pata dura”, letteralmente gamba dura. Per questo mi facevano sempre giocare in porta. Ma fare il portiere è stato per me una grande scuola di vita. Il portiere deve essere pronto a rispondere a pericoli che possono arrivare da ogni parte… E ho giocato anche a basket, mi piaceva il basket perché mio papà era una colonna della squadra di pallacanestro del San Lorenzo". Lo sport è anche festa e celebrazione.

Una sorta di liturgia, di ritualità, di appartenenza. Non per nulla si parla di 'fede sportiva': "Lo sport è tutto ciò che abbiamo detto: fatica, motivazione, sviluppo della società, assimilazione delle regole. E poi è divertimento: penso alle coreografie negli stadi di calcio, alle scritte per terra quando passano i ciclisti, agli striscioni d’incitamento quando si svolge una competizione. Trombe, razzi, tamburi: è come se sparisse tutto, il mondo fosse appeso a quell’istante. Lo sport, quando è vissuto bene, è una celebrazione: ci si ritrova, si gioisce, si piange, si sente di “appartenere” a una squadra. “Appartenere” è ammettere che da soli non è così bello vivere, esultare, fare festa. È curioso, poi, che qualcuno leghi la memoria di qualcosa con lo sport: “L’anno in cui la squadra ha vinto lo scudetto, in cui il tal campione ha vinto la tal competizione. L’anno delle Olimpiadi, dei Mondiali”. In qualche modo lo sport è esperienza del popolo e delle sue passioni, segna la memoria personale e collettiva. Forse sono proprio questi elementi che ci autorizzano a parlare di 'fede sportiva'".

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