Atalanta-Juventus, la finale: l'etichetta di Gasperini e la ciliegina del primo trofeo

Tre qualificazioni alla Champions League, due all’Europa League, una Champions sfiorata con il Genoa nel 2008-09 e tanti campionati straordinari. Gian Piero Gasperini ha ancora negli occhi la finale persa contro la Lazio. Si era presentato quasi sorridente, deciso a dare il giusto riconoscimento all’avversario, almeno prima di rivedere le immagini del tiro di De Roon deviato dalla mano di Bastos, con la palla che va sul palo e non entra, il Var che non cambia la decisione dell’arbitro e la coppa persa, con un cambio di tono repentino.
È la seconda finale in carriera per Gasperini. Forse la supernova più rilucente del nostro campionato, da cinque anni padrone assoluto delle provinciali, re delle plusvalenze e imperatore di un’Atalanta che si rivede totalmente in lui, tanto che Percassi non solo ha intenzione di vedere, ma anche di rilanciare per tenerlo, nonostante le voci di chiacchierate Oltremanica e possibili accostamenti alla Juventus, suo primo datore di lavoro con la panchina della Primavera.
Potrebbe anche esserne il giustiziere, della Juventus, fra la partita di oggi e quella di domenica, ma questo è un altro discorso. Quel che conta è che Gasperini, come ha detto Pirlo, è “solamente” alla seconda finale in carriera, con quell’etichetta di tecnico che non va bene per le big perché fumantino e poco vincente. Le etichette però sono fatte per essere tolte.
