Serie A flop - Lo studio del CIES dice tanto: le big italiane non sono sostenibili

"Roma non è stata costruita in un giorno", recita un famoso proverbio. È una frase che calza a pennello anche per le squadre di calcio: può capitare di vincere subito, ma a resistere nel tempo sono i progetti lungimiranti, quelli che non si basano solo sull'acquisto di grandi nomi ma che sono caratterizzati da una precisa pianificazione strategica. La stabilità economica, la capacità di individuare i giocatori e gli allenatori giusti per un determinato percorso tecnico/tattico sono i criteri chiave per gestire in modo sostenibile un gruppo e ottimizzarne le prestazioni.
Uno degli ultimi studi del CIES mira proprio a questo, a valutare la sostenibilità delle squadre dei top-5 campionati europei in base a tre elementi: l'età dei calciatori, la durata della loro permanenza in un determinato club, la durata dei contratti. Vediamo nella fattispecie cosa è emerso, e perché questi dati ci possono aiutare a capire meglio il fallimento delle formazioni italiane a livello internazionale.
L'età dei calciatori - C'è un dato di fatto: sebbene il calo delle prestazioni non avvenga in modo automatico con il passare degli anni, giocare oltre una certa età comporta un maggiore dispendio di energie fisiche e mentali. L'esperienza è sicuramente utile, alle volte necessaria, ma dipendere da giocatori anziani può rivelarsi deleterio. Se consideriamo la percentuale di minuti giocati da questi giocatori (portieri over-33, difensori over-32, centrocampisti over-31 e attaccanti over-30), i risultati che emergono sono abbastanza chiari: la percentuale più alta è espressa dall'Huesca (39,6), seguita da Lazio (38,7) e Bayern Monaco (36,4). Nella top ten figurano ben cinque formazioni italiane (Benevento, Parma, Genoa e Sampdoria), mentre nelle ultime dieci ci sono soltanto squadre inglesi e tedesche. Tra le squadre meglio costruite in questo senso ci sono Manchester City e Liverpool, un mix perfetto e gestito in modo corretto.
La stabilità del gruppo - La coesione tra i compagni di squadra è di fondamentale importanza ed è generalmente correlata positivamente ai risultati. Lo studio del CIES sottolinea un dato molto semplice: chi dà più spazio ai nuovi acquisti, fa più fatica. Il 65,2% delle partite del Fulham è stato giocato da nove nuovi acquisti. Analogamente alla squadra londinese, gli altri tre club più instabili sotto questo aspetto (Elche, Nizza e Crotone) hanno avuto fino ad ora risultati piuttosto scarsi. Lens e Union Berlino, al contrario, dimostrano che è possibile fare bene con un discreto numero di nuovi giocatori, ma la mancanza di stabilità ha quasi sempre un impatto negativo sul campo.
Tra i club in cui i nuovi acquisti hanno giocato il minor numero di minuti, troviamo principalmente squadre che sono posizionate nella metà superiore della classifica dei rispettivi campionati. Tra questi in particolare ci sono tre club nei primi tre posti: Real Madrid, Manchester United e Lipsia. Il Mainz è l'unica squadra tra i 10 club più "stabili" ad essere, al momento, in zona retrocessione.
La durata dei contratti - È un altro aspetto di fondamentale importanza nell'ottica di una gestione sostenibile della rosa. In effetti, una dipendenza troppo elevata da giocatori il cui contratto è quasi scaduto, o che sono in prestito (a maggior ragione senza possibilità di acquisto), costituisce spesso un ostacolo considerevole quando si tratta di ottenere dei risultati.
Prendendo in esame i contratti in scadenza entro il 30 giugno 2022, il valore più alto è stato registrato dagli spagnoli dell'Eibar: nove decimi dei minuti sono stati giocati da calciatori con contratti a breve termine. Al contrario, le cinque squadre meno dipendenti dai giocatori il cui contratto è in scadenza sono inglesi: i migliori (e più ricchi) club d'Inghilterra sono i maggiori fautori di una politica contrattuale a lungo termine.
Valutazione generale di sostenibilità - Sulla base di questi criteri, quindi, il CIES ha stilato una classifica di "gestione sostenibile della squadra" (SSM). Per ogni giocatore presente in rosa, è stato moltiplicato il numero di anni trascorsi in una determinata squadra (limite di otto) con il numero di anni di contratto rimanenti (limitato a cinque), e poi si è diviso il totale per l'età. Il risultato ottenuto da questo calcolo è stato poi moltiplicato per la percentuale di minuti giocati nei campionati nazionali.
Sommando i valori di ogni giocatore, si ottiene un indicatore che riflette il livello di sostenibilità di una squadra. Anche se varia dopo ogni partita (e ogni finestra di trasferimenti), questo indicatore ci consente di confrontare le strategie perseguite dalle società per costruire le loro squadre e fa capire che si possono ottenere ottimi risultati senza modificare la politica societaria.
Da questo punto di vista, i tifosi del Manchester United possono essere relativamente fiduciosi: la loro squadra continuerà a qualificarsi senza troppe difficoltà alla fase a gironi della Champions League nelle prossime stagioni, e alla fine potrebbe riuscire anche a trionfare in Premier League. Appena dietro i Red Devils ci sono Real Sociedad e Athletic Club, che costituiscono esempi perfetti di gestione sostenibile della squadra. Le italiane? Nell'ordine Sassuolo, Napoli, Lazio, Cagliari Bologna, Milan, Torino, Juventus, Inter ed Atalanta, ma tutte molto attardate in classifica e con un indice di sostenibilità inferiore rispetto alle prime. All'ultimo posto, su 98 squadre esaminate, c'è il Genoa. Negli ultimi dieci posti di sono quattro club italiani (oltre ai liguri, anche Hellas, Spezia, Benevento). È un dato che sicuramente deve far riflettere.
