Inter, non servono parole, per Suning parlano i numeri. Proprietà inattaccabile

Cinque anni di Suning a capo dell'Inter. Quasi tre con alla guida Steven Zhang, il più giovane presidente nerazzurro. Siccome la memoria per qualcuno è corta, è cosa buona e giusta ricordare come stavano le cose prima, e come stanno adesso. Quantomeno prima che il nuovo coronavirus sconvolgesse il pianeta sotto tutti i punti di vista. Una pandemia che "ha portato difficoltà per i club e per tutto il sistema calcistico. Perciò uno dei nostri obiettivi in questo contesto, a prescindere dal coronavirus, come tutti gli altri club che stanno affrontando questa situazione, è quello di ridurre i costi". Così ha detto il presidente Steven e verrebbe da dire: amen. Siccome, lo ha anche fatto l'ad Beppe Marotta, spesso si è parlato di rischio default del mondo del calcio, di allarme già lanciato ben prima dell'avvento del Covid, fortuna che a capo di un club così importante come l'Inter c'è qualcuno che mette appunto il club prima di ogni cosa. Non è stato così per Antonio Conte, il quale se non ha in testa la percezione di avere in mano un'arma più o meno letale per vincere, neanche ci va sul campo di battaglia a lottare. Se ce l'ha, quell'arma, allora molto probabilmente vincerà la guerra. E lo ha dimostrato, ancora una volta.
Il progetto Suning avrà comunque continuità? Sì, senza ombra di dubbio. Non con la promessa di vincere ancora, ma certamente con l'ambizione di provarci con ogni mezzo, scavallando i confini nazionali per imporsi anche come potenza europea. Una visione lungimirante. D'altra parte la famiglia Zhang ha già dato prova di saperci fare con la programmazione e gli obiettivi a medio-lungo termine. Fuori LionRock, dentro soldi freschi dal fondo stratunitense Oaktree Capital, che all'Inter "garantisce la libertà per pianificare il futuro". Niente di meglio. In fondo, come si può criticare una proprietà che in 60 mesi ha investito qualcosa come 500 milioni di euro soltanto sul mercato, passando da Telles, Felipe Melo e Ljajic, a Hakimi, Barella, Lautaro e Lukaku? Una proprietà capace di aumentare il valore del club del 120%, di dar vita a un nuovo e futuristico headquarters, di accrescere esponenzialmente il numero di dipendenti in società, di portare un numero decisamente maggiore di tifosi allo stadio, di assumere uno dei migliori allenatori in circolazione e di regalare, infine, uno scudetto che ai nerazzurri mancava da undici anni? Difficile. Davvero. Bisognerebbe ricordarsi che, nel mondo, attualmente, non esiste club che non sia alle prese con studi approfonditi che hanno come obiettivo ultimo quello di riportare in alto il livello dei ricavi. Non si scappa. Non lo farà neppure chi ha preso l'Inter dal baratro per farla tornare a splendere come un tempo.
