L'Odissea di Spinazzola e le lacrime di un gruppo azzurro d'altri tempi
Quando Bryan Cristante ha accarezzato Leonardo Spinazzola, gli ha dato sessantacinque milioni di abbracci. Quando le telecamere hanno indugiato su quella cascata di lacrime e di disperazione, di pianto e di dolore, si è stretto il cuore. Perché Spina, che prende la vita di corsa dopo aver preso le porte in faccia, dopo aver superato le siepi di un percorso a lunghi tratti buio, ha la storia di molti di noi.
Abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere, e Spinazzola ha dimostrato nella sua carriera che non c'è spazio per la rabbia, per chi ci dice di no. Che in fondo c'è un'altra strada, un'altra fascia e un'altra corsa da fare. È caduto tra le lacrime, tallone d'Achille, in quest'Odissea che non ha mai fine.
Così l'Italia, quest'Italia bella e una sola, per la prima volta nel paese dei mille campanili e dalle troppe campane, s'è mostrata ancora per quello che è. Un gruppo. Tutti per uno, e oggi quell'uno è il carro sicuro a cui s'era finora aggrappato il nostro sogno azzurro. Un gruppo d'altri tempi, che pensavamo andati. E invece no. Altro che nostalgia canaglia. Bell'Italia, bravi ragazzi. Che dopo le braccia al cielo hanno subito rivolto il cuore e il pensiero all'amico. Per Spina, adesso. Vamos.