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Leonardo: "Ho avuto dei problemi con Berlusconi, ho lasciato il Milan proprio per quello"

Leonardo: "Ho avuto dei problemi con Berlusconi, ho lasciato il Milan proprio per quello"TUTTO mercato WEB
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
martedì 5 settembre 2023, 20:12Serie A
di Dimitri Conti

Leonardo, ex dirigente tra le altre di Inter, Milan e PSG, ha concesso una lunga intervista a Globoesporte in cui ha toccato vari temi. Iniziando dal passato in Italia: "Mi piaceva come andavano le cose al Milan, il passaggio (di fine della carriera da calciatore, ndr) è stato per via del mio rapporto con Galliani. Mi ha detto di iniziare a partecipare ai suoi incontri, di occuparmi anche del marketing. Il tutto mentre ancora giocavo, nella mia testa a 32 anni avrei smesso. Per sei anni, dal 2003 al 2009, poi sono rimasto al suo fianco: per me è stato come andare all'università, osservavo quanto accadeva nel club ad ogni livello ma sempre rimanendo in disparte. Andavo a scuola da una persona (Galliani, ndr) che ha una visione a 360 gradi su tutto. Del calcio sa tutto, è stato il più grande allenatore per me".

E con Berlusconi?
"Ho avuto dei problemi con lui. Io ho lasciato il Milan proprio per via di quel disaccordo, penso però fosse anche un momento difficile per lui. Era anche Presidente del Consiglio, accadevano tante cose... Alla fine me ne sono andato perché ero nel club da 13 anni e ci sono cicli che finiscono. Parliamo comunque di una persona che ha rivoluzionato il Milan e il calcio e che come imprenditore ha fatto di tutto. Una storia incredibile, la sua".

Lei ha allenato sia Milan che Inter...
"Dopo sei anni Galliani mi chiese di diventare allenatore della prima squadra, ma non volli: non mi vedo in quel ruolo. Era un anno difficile, ma alla fine super positivo".

E come è finito all'Inter?
"Questa è un'altra storia. Infatti nel 2010 mi sono fermato dopo aver lasciato Milano e non perché avevo altro. È una pausa di carriera. Con Massimo Moratti ho vissuto un rapporto molto forte, anche familiare: nell'Inter c'erano tanti brasiliani e finirono per avvicinarsi a me. A Natale mi chiama Moratti, gli avevo detto di non potere già diverse volte, poi però all'una di notte ci siamo incontrati a casa sua e lì non ho avuto scampo. Mi sono fatto convolgere nella causa, come sempre agisco d'istinto, per ragione o emozione".

Vivere in città non era difficile?
"Molto, molto. E non me l'aspettavo neanche così tanto, altri giocatori erano stati in entrambi i club. Il mio rapporto con il Milan era più profondo, è stato molto pesante ogni singolo giorno. Il derby poi... Minacce? Diverse, ma lasciamo perdere. Ricordo però cosa mi disse Moratti, che tutta questa mobilitazione per una persona sola sembrava una bella cosa".

Com'è stato poi andare al PSG?
"Diverso da club di tradizione secolare, hanno costruito qualcosa che forse nessun altro avrebbe potuto. Sono un caso differente, nascono negli anni '70 nella città del glamour, forse la più bella al mondo. L'obiettivo era competere in Champions League ed essere tra i primi 5 club del pianeta. Però la Champions non è semplice da vincere: guardate il City, ce l'ha appena fatta dopo 15 anni di tentativi. Prima o poi accadrà anche per loro".

Perché a suo tempo disse che Mbappé doveva lasciare il PSG?
"Ho già risposto, vorrei non tornare sull'argomento. È la mia opinione".

E con Messi che momenti ha vissuto?
"Lui vive nell'Olimpo del calcio. Ed è stato Messi per vent'anni...".

Si aspettava Neymar in Arabia Saudita?
"Non sarà solo lui ad andare lì. Io ho giocato in Giappone quando avevo 24 anni, poteva essere una scelta del tutto discutibile ma per me è stata una cosa meravigliosa. Non è un campionato che conosciamo a fondo, ma può mantenere il suo livello e la forma anche lì. Basta volerlo. Si è sentito coinvolto all'interno di un movimento enorme".

Cosa non ha funzionato tra questi tre campioni al PSG?
"Non penso c'entri l'ego. Questi sono ragazzi che risolvono più problemi di quanti non ne creino, se pensi di dover risolvere un loro problema, ne fai parte. Bisogna assumersi oneri e onori, fa parte del gioco. Se costruisci un attacco del genere hai fatto il massimo, se non funziona non è per un solo motivo. I dirigenti devono mettere in condizione certi calciatori e farli stare bene, chi vince il campionato alla fine è il club".

Ora arriva Ancelotti sulla panchina del Brasile.
"Tra i migliori allenatori al mondo, sa stare con tutti e i suoi giocatori lo adorano. Un vincente, ma l'importante è che ci sia una linea chiara e che l'allenatore la esegua".

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