Quando l'asticella sale: a 37 anni Acerbi si conferma il miglior centrale italiano

Solo un calciatore con un pizzico di follia poteva immaginare quel gol lì. Solo la forza della disperazione di chi è forse dinanzi alle ultime volte poteva portare Francesco Acerbi dopo la rete di Raphinha stabilmente in attacco. Incurante di tutto il resto. Delle conseguenze e del palo colpito da Yamal.
Alfieri scrisse: "Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli". E Acerbi quel gol l'ha voluto come nessun altro. Al tramonto di una partita che per i suoi compagni aveva già assunto il sapore di un'impresa mancata. Col piede non suo. Con un anticipo degno del miglior Lewandowski che una manciata di minuti prima era entrato solo per far scorrere il tempo e invece s'è ritrovato in campo per altri 30 minuti. Imprigionato in una partita alla fine maledetta per il Barcellona.
Qualche settimana fa abbiamo scritto che Francesco Acerbi, 37 anni, è probabilmente la versione aggiornata di Giorgio Chiellini. Un paragone che torna alla mente ancora di più dopo la gara di ieri, al termine di una partita che ha visto trionfare l'Inter solo perché lui ci ha creduto quando gli altri erano pronti a celebrare l'A testa Alta. L'onore delle armi. Non lui, non Acerbi. Non sul crepuscolo di una carriera che chissà quale piega prenderà tra qualche settimana visto che è in scadenza di contratto.
Acerbi ieri sera ha dimostrato che l'esperienza a questi livelli conta eccome. Che quando dall'altro lato c'è chi ha più talento di te il mestiere può fare la differenza. Che a differenza di quanto detto da Spalletti dopo Germania-Italia la carta d'identità a volte non è un limite per far parte di un grande gruppo. Della Nazionale. Ma piuttosto è una medaglia al valore. L'Inter oggi festeggia perché Acerbi ieri ha voluto. Fortissimamente. Quando tutto sembrava perduto.
