Tra Nicola e il fattore Arvedi, la rivelazione Cremonese nasce da lontano

Otto punti in quattro giornate. La rivelazione di inizio campionato è servita e ha le fattezze della Cremonese. Senza aver beneficiato ancora del colpo Jamie Vardy - se sarà più mediatico o meno lo dirà il campo -, la formazione grigiorossa ha iniziato alla grande la stagione del ritorno in Serie A. Risultati arrivati, per di più, in maniera non banale: al netto della vittoria di San Siro, i lombardi hanno battuto il Sassuolo e portato punti anche da Verona, due delle concorrenti dirette nella lotta alla salvezza che, senza voli pindarici, resta il grande obiettivo.
Il fattore Arvedi. Nel Monopoli del calcio italiano, del resto, si sottovaluta spesso la forza della proprietà. Quella della Cremonese, per esempio nella precedente avventura in Serie A, ha confermato la propria idea: non spendere e spandere. Solidità e floridità, però, sono fuori discussione. A livello di patrimonio personale (circa 1,9 miliardi di dollari secondo le stime di Forbes a marzo 2025), il cavaliere Giovanni Arvedi è il 2041esimo uomo più ricco al mondo. In Serie A, lo superano in pochi: i fratelli Hartono, Rocco Commisso, Dan Friedkin, Joey Saputo e John Elkann. Con un fatturato consolidato di circa 7 miliardi di euro, del resto, il gruppo Arvedi è una delle principali realtà industriali italiani. Di fatto, la proprietà italiana più ricca della Serie A.
E poi c’è Nicola. L’allenatore delle missioni impossibili, delle salvezze a cui non crede nessuno. Dopo quindici anni di carriera, è solo la sesta volta che guida una squadra da inizio stagione. Non sempre è andata bene - ma a Crotone nel 2017 e a Cagliari l’anno scorso sì -, ma quasi mai ha avuto una squadra che potesse puntare a salvarsi comodamente. La Cremonese dei Sanabria, Vandeputte, Vazquez, Baschirotto e compagnia cantante, senza andare troppo in là, sembra averne le qualità.
