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Braglia: "Non sono scappato da Rimini: sarei rimasto se avessero rispettato i patti"

Braglia: "Non sono scappato da Rimini: sarei rimasto se avessero rispettato i patti"TUTTO mercato WEB
© foto di Paolo Baratto/Grigionline.com
Oggi alle 13:04Serie C
di Claudia Marrone
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TMW Radio / A Tutta C
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Nel corso della diretta mattutina di A Tutta C, il format di TMW Radio interamente dedicato al mondo della Serie C, è intervenuto mister Piero Braglia, reduce dalle complicate settimane con il Rimini, sulle quali si è così espresso: "È stato un periodo difficile quello vissuto a Rimini, non si vedeva via d'uscita. Ogni giorno c'era una cosa nuova, una notizia nuova. Ci siamo aggrappati al direttore Nember, che alla fine ha potuto fare poco, perché le difficoltà erano ogni giorno evidenti. Noi sapevamo, almeno, io sapevo, dalla penalizzazione che sarebbe arrivata e avevo chiesto l'allestimento di un certo tipo di squadra per poter andare avanti durante l'anno, giocandosi le possibilità di salvezza. Nella mia testa quando uno si deve salvare deve fare 42 punti più o meno, pensavo di farne 50-52, però con la squadra, una squadra che avevamo stabilito con il direttore e che poi non è mai arrivata, anzi è stata smembrata letteralmente".

Nel suo periodo di permanenza in biancorosso, era quindi Nember la figura di riferimento...
"Il riferimento a onor del vero è la presidente Scarcella, poi c'era Nember ma le difficoltà sono state legate alla mancata fideiussione, fin da subito. Una volta ti dicevano che doveva provvedere la vecchia gestione, un'altra che non potevano fare quel tipo di garanzia, un'altra volta volta dicevano che andavano in banca, risolvevano tutto ma alla fine non hanno mai risolto niente. I giocatori per di più sono stati anche lasciati liberi di andare da altre parti, giocatori importanti per la categoria, e a quel punto ci siamo ritrovato con il mio staff e guardarci in faccia, e li ho detto 'basta': ci siamo sentiti un pochino presi in giro, anche abbandonati al di là del team manager, del fisioterapista e di quei pochi presenti che erano con noi. Ma dopo un po' nessuno ci rispondeva più al telefono. Non mi piace lasciare le cose a metà, anche nelle difficoltà non sono mai scappato, però lì non c'era da scappare, c'era più che altro da prendere una Ferrari e venire via a corsa".

Ma cosa l'ha spinta ad accettare una situazione di estrema difficoltà come quella che già si era preannunciata in Romagna?
"Nember non è una figura di secondo piano, per lo meno non lo è stato nel calcio italiano quando era a Chievo, era uno dei migliori direttori che c'era in giro, e la sua chiamata mi aveva rassicurato. Purtroppo poi alla fine le attese sono venute meno, e non si poteva stare lì a buttare via quello che si è fatto per una vita, non era giusto per nessuno. Abbiamo cercato di dare un riferimento ai giocatori rimasti, ma non se ne poteva più. Ma mi dispiace veramente per questi ragazzi e per l'ambiente che c'è intorno ai ragazzi".

Il suo contratto era stato quindi depositato: il non vederla in panchina era per dare un segnale forte alla proprietà?
"No, io volevo che facessero la squadra e che i nuovi potessero giocare, ero stato chiaro fin dal primo giorno: in panchina sarei andato quando la squadra sarebbe divenuta quella che avevamo stabilito. Pensate che sono stato in albergo insieme a un ragazzo che è stato fatto venire dalla Svizzera e che per dieci giorni non ha saputo niente da nessuno: come si fa poi a parlare di calcio in certe situazioni? Non si può, si deve solo prendere atto di quello che è la realtà e venire via, avere la dignità per sé stessi e gli altri di venire via".

A proposito di tesserati, ci sono regolamenti che prevedono di fatto contratti di volontariato per ragazzi entro una certa età. Situazione che altera anche equilibri di un girone, genitori che permettono a figli minorenni di buttarsi in queste situazioni...
"Da noi a un certo punto è arrivato, dopo un lungo viaggio dal Lamezia, Gagliano, che con questo contratto ha giocato la prima gara di campionato, e lui è anche bravo. Ma sono tanti i casi come questo. Però poi sì, i genitori non sono come quelli di una volta che non si permettevano nemmeno di avvicinarsi agli spogliatoi, perché i ragazzi dovevano crescere, ora i genitori pagano, sentono delle cose assurde in giro, pagano per far giocare il proprio figlio che l'anno dopo sicuramente smette con il calcio, perché nemmeno è bravo, ma in questo caso andrebbero riviste certe regole: un tempo la Serie D era una categoria dove si vedeva gente forte, adesso la guardo e alle volte mi viene da ridere, e lo stesso vale per la C, un tempo era una B2, squadre una più volte dell'altra. Ci sono tante cose che si potrebbe fare per rimettere a posto".

Tornando al Rimini, si parla ora di un possibile passaggio di quote, ma tutto è in divenire. Se il club non dovesse concludere sul campo l'anno solare 2025, si meraviglierebbe?
"Mi auguro per le persone di Rimini che la società abbia la dignità di concludere l'anno. Forse sì, lo faranno, perché hanno anche altri interessi, c'è un centro sportivo con 11 campi, una foresteria da finire: sarebbe da persone poco intelligenti far fallire il tutto, e chiaramente poi il comune creerebbe enormi problemi per l'acquisizione di altre cose. Secondo me è per quello che hanno tutto l'interesse a finire l'anno, tanto a questo punto grandi spese non le hanno più".

Hai mai avuto modo di confrontarsi con l'amministrazione comunale? È in scena una diatriba di lungo corso tra l'attuale proprietà e il sindaco...
"No, io no, perché non potevo nemmeno parlare. Ma devo dire la verità, onestamente la società avrà anche le sue colpe, sicuramente le ha e lo sappiamo tutti, ma l'amministrazione comunale ci ha probabilmente anche giocato un pochino, perché se da più parti tutti ti dicono male della proprietà e te prima avvalli la cessione, poi avvalli altre cose, poi tutto a un tratto ti irrigidisci, non le dai più il campo, non le dai questo... non porti rispetto nemmeno a quei ragazzi che portano addosso la maglia del Rimini. Ecco, questo mi sarebbe piaciuto dirglielo".

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