Sestri Levante, la battaglia dentro e fuori dal campo. I tanti errori son però costati la Serie D

"La situazione della Lucchese era già chiara tre mesi fa, all’apertura del mercato di riparazione. Ciononostante, le è stato consentito di comprare giocatori. E uno di questi, Nicholas Rizzo, ha segnato il gol dei rossoneri nel 1-1 al Sivori il 23 febbraio. Io sono stufo. Sarebbe stato facile anche per me andare in giro a prendere calciatori di gran nome promettendo loro lauti stipendi pur sapendo che tanto alla fine non li pagherò. È come affrontare un torneo di poker portando soldi veri mentre i tuoi rivali usano i soldi del Monopoli. Ecco perché ho sempre meno voglia di andare avanti": queste, lo scorso 20 marzo, le parole del presidente del Sestri Levante Stefano Risaliti che oggi, ironia della sorte, ha visto i suoi retrocedere in Serie D perdendo il playout proprio con la Lucchese.
Al netto della situazione societaria della formazione rossonera, viene comunque da chiedersi anche quale sia stato lo sforzo effettivo dei corsari liguri per affrontare al meglio questa stagione, la seconda in Serie C dopo la storica promozione dalla D. Una rosa troppo inesperta per un girone così ostico come il B, un tecnico (Alberto Ruvo) reduce da negative esperienze e con poca dimestichezza per la C, che è stato per altro il terzo stagionale dopo Andrea Scotto e Diego Longo, risultati sempre altalenanti e cessioni nel mercato di gennaio non perfettamente compensate. Siamo sicuri che la colpa di tutto ciò sia solo relativa a fattori esterni?
Certo è che ci sarà da capire quelle che saranno ora le sorti del club: il prima citato presidente ha più volte detto che non ha più la voglia di andare avanti, sdubbiato dal sistema calcio. Ma è impossibile far morire il calcio a Sestri.
