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Nantes, la storia del calcio francese è passata da qui

Nantes, la storia del calcio francese è passata da quiTUTTO mercato WEB
mercoledì 22 febbraio 2023, 23:15Editoriale
di Carlo Pizzigoni
Giornalista, scrittore, autore. Quattro libri, tanti viaggi. Tutti di Calcio. Su Twitter è @pizzigo. Su Twitch con @lafieradelcalcio

La Qatar Investment Authority, il fondo sovrano del Qatar, inizia a terremotare il mondo francese nel 2011. È il primo importante investimento nel mondo dello sport dopo aver sparso molti dei guadagni tratti da gas e petrolio, un po’ ovunque in Europa, tra banche, automotive, grandi magazzini e qualche interessante start up. L’obiettivo era naturalmente primeggiare, oltre che preparare quello che abbiamo visto nello scorso inverno.

Primeggiare in Francia e poi evidentemente in tutto il continente. Nel primo mercato estivo, il neo direttore sportivo, Leonardo, inserisce in squadra alcuni giocatori della serie A, Menez, Momo Sissoko, Sirigu e qualche colpo dalla Ligue 1 come Blaise Matuidi. A tutti è noto che si tratta di un antipasto: presto sotto la Tour Eiffel arriveranno campioni veri. Per gestirli, si capisce da subito, sarà messo sotto contratto un allenatore di grande nome e grande esperienza. Che però non arriva subito, e quindi la prima fase della storia qatariota a Parigi è sotto il controllo di Antoine Kombouaré che al PSG c’era stato da giocatore, durante l’éra Canal+, quando il club era di proprietà dell’innovativa rete televisiva. Io l’avevo incontrato tempo prima, capitavo a Strasburgo e mi ero deciso ad andare a vedere una gara di campionato, incuriosito anche dal tecnico, con cui ebbi anche un fugacissimo incontro dopo la conferenza stampa.

Kombouaré aveva fatto parte di una delle più iconiche squadre del calcio francese, il Nantes. Il cosiddetto “jeu à la nantaise”, gioco alla nantese, è stato uno degli esperimenti più interessanti della storia del calcio europeo, e nasce proprio in Bretagna, grazie a un esule spagnolo, riparato nell’Esagono a 14 durante la guerra civile del suo Paese. José Arribas, questo il suo nome, cresceva a Nantes ma divenne calciatore a Le Mans. Una carriera da centrocampista di fatica, il meglio sarebbe arrivato da tecnico. Lo spagnolo per affinare la nuova lingua studia parecchio, soprattutto l’appassiona la pedagogia, che mette in relazione col grande amore per il calcio. Eccolo quindi insegnante a Saint Malo e da lì al piccolo Noyen-sur-Sarthe. I suoi interessi lo portano, alla fine degli anni Cinquanta, a spostarsi nei centri nevralgici del football francese. A Rennes conosce Henri Guerin, una figura chiave nella storia del Nantes senza aver mai messo piede nel club. Fu Guerin che nel 1960 convinse Jean Clerfeuille, presidente dei Canarini, a mettere in panchina Arribas per portare il club davvero in alto. Detto, fatto. Arribas approda al Nantes. Tecnico studioso, innamorato dello stile di Bill Shankly, che al Liverpool coinvolge come pochi il pubblico, con passione, unione e “passing game”. Gli piacerebbe portare questo connubio in Bretagna, posto che di per sé vive di una originalità già sua, storica e culturale. Non solo creare uno stile di gioco, ma farlo diventare identità.

Mise da parte il vecchio WM e diede alla squadra un tocco brasiliano, implementando il 4-2-4 che si palesò al mondo nel 1958 costruito dalla mente di Vicente Feola. L'altro colpo di genio di Arribas fu l'enfasi sullo spazio, un aspetto che non sarebbe mai stato separato dalla vita del Nantes. Lo spazio, più che il pallone, come midollo di uno stile. In questa linea, cancella la marcatura individuale e impone la zona. Da queste basi formali, elaborò un discorso: movimento e flessibilità, gioco corto e veloce, natura offensiva. Era nato il Jeu à la Nantaise. Ci sarebbero voluti 40 anni perché il termine diventasse dominio comune, il tempo necessario in Francia per rendersi conto del lignaggio e dei tratti molto simili tra la squadra di Arribas e quella che avrebbe conquistato la Ligue 1 nel 1995. Una straordinaria linea gialla.

La mano di Arribas si vede non solo in campo, dove scivola verso un più funzionale 4-3-3. Promuove la creazione della figura del direttore sportivo e la costruzione di una scuola calcio. Tutto all'insegna di una filosofia di calcio di intensità. L'accademia giovanile divenne parte della prima squadra e gli uffici del club furono occupati da ex giocatori cresciuti nel club. Il Nantes funzionava come una vecchia famiglia bretone. Vince alcuni titoli già negli anni Sessanta e alimenta una lotta generazionale con il Saint Etienne di Albert Batteux e l'Olympique de Marseille, in un periodo in cui, pur preparandosi a una lenta transizione, il Nantes firmerà la storia della Ligue1, tra il 1971 e il 1976. La cosa più importante avviene fuori dal campo. Nel 1972, viene istituzionalizzato il centro di formazione con una premessa: l'assimilazione a tutti i livelli dei concetti di questo gioco dinamico, veloce e offensivo. Il responsabile tecnico del progetto è quel Jean Claude Suaudeau che anni più tardi troveremo proprio sulla panchina del Nantes per perpetuare il progetto di Arribas. Con lui il club canarino diventa maggiorenne e si cristallizza fino al 1988 come squadra di punta in Francia, grazie ai risultati e soprattutto al suo stile sempre riconoscibile. In campo ci sono i ragazzi cresciuti nel vivaio magico, uno di questi si chiama Didier Deschamps un altro Antoine Kombouaré.

Il Qatar non arriva in Bretagna e la crisi economica colpisce una squadra sempre più in difficoltà, con la necessità di dover vendere ogni anno un pezzo pregiato ( tra questi un grandissimo come Marcel Desailly). Nel 1992, con 60 milioni di franchi di debiti e il rischio di retrocessione incombente, la squadra viene riconsegnata a Suaudeau, che produce l’ennesima magia. Ovviamente ripartendo dal suo vivaio costruisce un gruppo che tornerà a vincere il titolo in Ligue1 e l’anno successivo arriva addirittura in semifinale di Champions League. Incrocia un imbattibile Juventus che ha tra le proprie fila quel Deschamps che è diventato uomo e calciatore in maglia giallo-verde. È l’ultima data di scadenza. Loko (PSG) e Karembeu (Sampdoria) se ne erano già andati dopo l'epica campagna del 1995, seguiti da Ouedec (Espanyol) e nel 1997 Makelele (Marsiglia).

Gli anni Duemila non sono quelli di un Nantes protagonista. Ma niente e nessuno cancellerà una storia straordinaria diventata modello di formazione per il futuro di Francia, un futuro da campioni del mondo. Kombouaré che è oggi su quella panchina perpetua il ricordo di un passato glorioso. Con dignità e coraggio il Nantes è tornato a essere competitivo e addirittura a vincere con lui in panchina una Coppa di Francia. La storia non dimentica, e la storia del calcio francese è molto giallo-verde.

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