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Come l'Impero del calcio cinese ha detto basta e come è finito un sogno a occhi chiusi

Come l'Impero del calcio cinese ha detto basta e come è finito un sogno a occhi chiusiTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 1 marzo 2021, 20:15Il corsivo
di Marco Conterio

Un antico proverbio cinese recita così: "dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita". Il calcio, in Cina, ha scelto la prima via. Caviale d'Occidente, per provare la via della grandeur, per far sì che il calcio fosse veicolo di propaganda a livello locale e internazionale. Le aziende invogliate a investire, sicché Suning, Teda e via spendendo, e i grandi campioni nel gigante con gli occhi a mandorla. Ingaggi faraonici, la Nazionale a Marcello Lippi, la voglia di arrivare un giorno ai migliori. I tentativi per Gareth Bale al suo massimo splendore, la corte ai migliori del nostro tempo. Yuan come se non ci fosse un limite alle tasche delle società, pronte a coprire di ori e meraviglie Oscar, Hulk, Ezequiel Lavezzi, Marek Hamsik e compagnia giocante. "Chi si mangia un pugno di riso in più a pranzo, ne mangia uno in meno a cena". E' lì, nella sagesse populaire, che si nascondono le verità. L'indigestione di sogni ha riportato presto la Cina a una tremebonda realtà. Pechino non s'è costruita in un giorno, e neanche l'Impero del calcio. Castello di carta, che è stato investimento dopo investimento, Yuan dopo Yuan, sempre meno gradito al popolo. E in Cina l'opinione pubblica è un fattore molto attenzionato dal Partito. La voce della gente ha espresso il primo verdetto e da lì l'input del Governo. Chiudere i rubinetti.

Sogno a occhi chiusi L'ingordigia è arrivata col vizio d'Occidente. Intermediari, procacciatori, tutti pronti a suggere dalle casse di una Cina che senza freni aveva l'intenzione di diventare in fretta e furia la Prima nel Mondo. Il grande obiettivo di portare la Chinese Super League tra le grandi leghe globali, l'intenzione di Xi Jinping di rendere anche la Nazionale una corazzata. I grandi giocatori europei e sudamericani come modelli, i giovani cinesi come allievi, le scuole calcio come terreno fertile per coltivarne altri e altri ancora. Solo che col talento si nasce e il calcio non è un'arte improvvisata e la Cina, che è terra di arti e mestieri nobili e antichi, avrebbe dovuto saperlo bene. Solo che la luce che è arrivata da Ovest ha fatto vedere solo il dito, oscurando la luna. Solo il sogno, solo il pesce, solo il pugno di riso.

Questione di tempo Senza girarci troppo attorno, anche per Suning e per la proprietà dell'Inter pare una questione di granelli di una clessidra che pare inesorabilmente rivolta verso sud. L'input è chiaro e se c'è un'immagine che più di ogni altra raffigura questo è il fatto che il colosso dell'e-commerce abbia dato la comanda di rimuovere da subito ogni riferimento a lui legato da tutti i centri sportivi del Jiangsu Football Club. Niente cartelli, niente bandiere. Niente. Come un vento bellissimo che c'è stato ma che ora soffierà su altre sponde. La trattativa con BC Partners e con gli altri fondi d'investimento raccontano altresì di una proprietà che sarebbe pronta a cedere. Suning ha garantito la copertura sugli investimenti in Italia e l'acquisizione del 23% dell'azienda da parte di due controllate statali pare portare proprio in questa direzione. I soldi attesi per il dovuto e per le garanzie che secondo quel che è emerso nelle ultime ore, sarebbero pronti per arrivare. Ma del domani non v'è certezza, almeno di chi sarà al timone del club. Perché una c'è. Senza girarci attorno. Quel sogno a occhi chiusi sembra aver già preso il suo viale del tramonto.

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