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Commisso, Infantino & Co: il calcio si ribella agli agenti. Ma chi gli ha dato potere e soldi?

Commisso, Infantino & Co: il calcio si ribella agli agenti. Ma chi gli ha dato potere e soldi?TUTTO mercato WEB
© foto di Image Sport
venerdì 2 luglio 2021, 08:05Il corsivo
di Ivan Cardia

“Jorge Mendes rappresentava Sergio Oliveira, il Porto e Gattuso”. Per chi non lo sapessi, si tratta del giocatore che la Fiorentina trattava, del club con cui lo trattava e dell’allenatore viola sulla cui richiesta lo trattava. Così non va bene, dice Rocco Commisso, presidentissimo viola con l’ok facile, l'intervento a gamba tesa frequente e i sassolini dalle scarpe che volano. Spesso oltre le righe di una comunicazione da cartellino rosso. A poche ore e chilometri di distanza, affronta lo stesso tema un altro presidente, Gianni Infantino, che però guida non un club ma la FIFA: “Nell’anno precedente al Covid, sono stati spesi 7 miliardi di dollari per i trasferimenti. Di questi, 700 milioni sono andati in commissioni agli agenti e 70 ai club che hanno formato i calciatori”. È un disvalore incredibile, problematico e se vogliamo anche vergognoso. Difficile girarci intorno. È l’ultima battaglia del pallone, che si scaglia contro i procuratori, le loro commissioni, il loro potere. La FIFA lo promette da tempo, con la camera di compensazione che Infantino mette sul piatto e chissà se risolverà davvero i problemi. È una battaglia che porta avanti in Italia per esempio anche il Milan, fresco di addii a Donnarumma e Calhanoglu per non piegarsi alle logiche degli agenti. Che poi, piccolo inciso, sono le logiche di mercato. Ma non è l’unica contraddizione di una sfida complessa eppur non priva di ambiguità. Un interrogativo, in effetti, sorge spontaneo.

Se gli agenti sono brutti e cattivi, chi gli ha dato tutto questo potere e tutti questi soldi? Domanda quasi retorica. Per esempio Commisso, che augura agli agenti di guadagnare tanto ma evidentemente contesta il modus operandi della categoria, è il patron della quinta società in Serie A, nel 2020, per commissioni versate agli stessi. I dati sono pubblici, grazie alla trasparenza voluta dalla FIGC: nell’anno della pandemia, i viola in commissioni hanno versato quasi 10 milioni di euro (9.740.062,50 per la precisione). Sono cifre in aumento rispetto al 2019. Soprattutto, sono più di quanto abbia speso l'Inter campione d’Italia, dodici posizioni e 51 punti più in alto: soltanto Juventus, Roma, Milan e Napoli hanno pagato di più dei gigliati. Buon che Commisso abbia cambiato approccio, il punto non è comunque fare le pulci alla Fiorentina: sono le società ad aver costruito un sistema che agli agenti va comodissimo. Il cui peso nel decidere chi compra quale giocatore e a che cifre è aumentato in maniera esponenziale, quasi opprimente per esempio per la categoria dei direttori sportivi. Spesso, soprattutto ad alti livelli, per un trasferimento tra due club italiano serve almeno un intermediario. Serve, davvero? No, ma ci guadagnano un po’ tutti, spesso anche le società. Sono gli agenti brutti e cattivi? Ovviamente no. Intendiamoci: alcuni sì. Ma come categoria hanno guadagnato terreno solo perché veniva loro concesso, in termini di soldi e soprattutto di potere. E la sfida, in questa bolla che pare sul punto d’esplodere, è intrigante ma complicata. Si diceva del Milan: missione coraggiosa, ma ha perso due pilastri a zero, rischia di perderne almeno un altro l’anno prossimo. Più che una battaglia, converrebbe allora trovare nuove regole d’ingaggio, un territorio comune su cui incontrarsi e non scontrarsi, perché gli agenti sono il male soltanto se gli si consente di esserlo, ma sono necessari al calcio. Qualche regola nuova e qualche altra che già c'è ma non osserva nessuno, per esempio quella che impedirebbe ai procuratori di rappresentare gli allenatori: le sanzioni sono così ridicole che non se ne preoccupa nessuno, il conflitto di interessi è servito. Parole chiave: trasparenza, rispetto dei ruoli e, visto che ci siamo, non farebbe proprio schifo rispettare anche qualche regime fiscale spesso sbertucciato. Sarebbe una possibile soluzione senza tanta belligeranza, che in fin dei conti non porta mai lontano. Non fosse che l'allergia a molte di queste parole è piuttosto diffusa nel mondo del calcio. Tra gli agenti, e anche tra le società.

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