Mancini, Vialli, e quegli abbracci italiani che non ci siamo più dati

Il giorno in cui Gianluca Vialli è diventato Capo Delegazione dell'Italia, ha detto che "questo ruolo mi farà di nuovo sentire giovane". C'era una volta una Wembley amara, il vecchio Wembley con le sue due Twin Towers a testimoniare un lampo nella notte dei supplementari. Rambo Koeman e quel destro, d'arancione vestito, come la sua Olanda, come la filosofia che farà grande quel Barcellona. La Sampdoria che cade, in finale di Coppa Campioni, e addio sogni di gloria. Nell'abbraccio che Vialli e Roberto Mancini si sono dati ieri, a bocca spalancata, con gli occhi sprizzanti di gioia, è l'esorcismo di quel peso della storia. Di certe notti che non tornano più, quant'era bella giovinezza e quella spensierata cavalcata del Doria di Mantovani.
Vialli ha vissuto paure più grandi dello sport, ha raccontato la malattia, il cancro al pancreas, il suo viaggio con nemico indesiderato. "Spero che un giorno si stanchi e mi lasci vivere serenamente gli anni che ho davanti". Con l'Italia ha un ruolo più importante di quel che si possa immaginare: Capo Delegazione, l'uomo che è collante tra staff, allenatore, squadra, dirigenza. E' il trait d'union col berretto e gli occhi pieni di vita, di speranza, di ambizioni, di quest'Italia di provincia. E non è un caso che in quest'Italia qui ci sia tanta, di quella Sampdoria. Il parallelismo tra le due realtà è quanto mai concreto, vero, due rette che d'azzurro vestite s'incrociano in tanti fattori.
L'abbraccio di ieri, di felicità, d'amicizia, di liberazione, è un peso che va via. Servono tre gare prima che scompaia, fa ben intendere Mancini, dopo la vittoria. Però lì c'è l'Italia, questa che sogna di vincere l'Europeo. Abbiamo scoperto che non è perfetta perché non siamo perfetti noi. Anzi. Abbiamo scoperto che sa però soffrire, combattere, essere brutta, sporca, cattiva. E che sa festeggiare come nessun'altra, quando è il momento di uscire a riveder le stelle. Di abbracciarsi. Di darsi quelli che non ci siamo più dati, in questi mesi disgraziati. Di gioia, di felicità pura. Di liberazione. Avanti.
