Facciamo un '68. Gazzetta dello Sport: "Un'Italia diversa, la rivoluzione firmata Mancini"

"Un'Italia diversa, la rivoluzione firmata Mancini", titola stamane La Gazzetta dello Sport sugli azzurri. Oggi i ragazzi di Roberto Mancini sbarcano di nuovo a Londra per portare a termine il lavoro. Domani finale a Wembley contro l’Inghilterra padrona di casa. Abbiamo in testa di fare un ’68, che, per prima cosa, vuol dire portarci a casa il titolo europeo che attendiamo da 53 anni. In quel 1968 eravamo noi la nazione ospitante. Da allora abbiamo rincorso invano una seconda Coppa Europa. L’abbiamo sfiorata nel 2000 in finale contro la Francia e nella finale di Kiev del 2012, se non altro, soffrimmo di meno perché di fatto non ci fu mai partita: la Spagna passeggiò contro l’Italia di Prandelli, stremata, dopo un ottimo torneo. Domani proviamo ad annodare un fino che ci lega ai campioni d’Europa di Ferruccio Valcareggi.
In questa stagione, la Premier League, inattaccabile per ricavi, valore tecnico, fascino e visibilità, ha portato tre formazioni inglesi nelle due finali continentali più prestigiose: Chelsea, Manchester City, Manchester United. Il club di Londra ha sollevato la Champions League in faccia a Pep Guardiola. Se Southgate domani dovesse doppiare il titolo europeo di Tuchel, l’Inghilterra potrebbe celebrare una piccola apoteosi. Non siamo in grado di avviare il declino inglese come nel ‘68, ma possiamo rosicchiare il loro sentimento di onnipotenza. in parte innato in quanto inventori del gioco, sollevando la coppa nel loro cielo. Esiste una terza accezione nel ‘68 che abbiamo in testa: la rivoluzione. Mancini ha fatto il ‘68, la Rivoluzione: ha costruito una Nazionale che attacca sempre, come mai nella sua storia. Una finale all’Europeo sembrava l’impossibile. Ci siamo. Ha chiesto di osare anche a costo di sbagliare, di correre sempre in avanti anche senza palla e di cercare il quinto gol dopo il quarto. Ha contestato la dipendenza dal contropiede come gli studenti della Sorbona i vecchi metodi didattici.
