Chievo, Pellissier ripercorre la sua carriera: "Volevamo crescere ma ci è mancata umiltà"

A La Gazzetta dello Sport ha parlato Sergio Pellissier per ripercorrere la sua carriera al Chievo Verona: "Qual era la formula di Delneri? Non credo né ai miracoli né alle favole, le parole più usate per descrivere quel Chievo, che funzionava perché era composto da giocatori che non avevano lo stipendio come primo obiettivo, ma la voglia di crescere. Sartori voleva gente che fosse brava e che avesse fame. Delneri ci trasmetteva principi di gioco moderni, esigeva che fossimo coraggiosi contro tutti. Un po’ come Gasperini con l’Atalanta. Perché si è rotto? Perché venuta meno l’umiltà, abbiamo iniziato a pensare di essere più forti di quel che eravamo".
Il presidente Luca Campedelli ha avuto delle responsabilità?
"Credo che Campedelli, a un certo punto, immaginasse di far salire il Chievo a un livello superiore. Dovevamo andare avanti con le persone che amavano il Chievo e lo consideravano una famiglia, ma quelle persone non c’erano più".
Il Chievo è fallito e lei lo ha ricreato sotto mentite spoglie.
"Campedelli non si è presentato, ma c’erano dei dirigenti del Vigasio con cui Campedelli aveva rapporti. Si partiva da una base di 100mila euro e a furia di rilanci ci siamo aggiudicati il nome e il marchio a 330 mila più Iva, quasi 400 mila. Sapevamo che ci avrebbero potuto fare questo scherzetto. Ci hanno fatto impegnare dei soldi che avremmo potuto investire nella rinascita".
Qual è ora l'obiettivo?
"Costruire e crescere un passo alla volta, e ritornare tra i professionisti, in Serie C, entro il 2029, l’anno in cui compiremo cent’anni. La Serie A? Penso un passo alla volta. Penso alla Serie D, un campionato complicato. Penso che non abbiamo un centro sportivo".
