Giochisti o risultatisti? Bielsa e la lezione a Coverciano. Basta il gioco per essere eterno?

Marcelo Bielsa è la quintessenza del giochismo. Lo è dall'apparenza che non inganna, la forma la tiene tutta per il pallone. Quando a marzo 2015 si presenta a Coverciano per una lectio magistralis sul suo calcio, sulle sue idee, ha una tshirt e la tuta. Davanti gli allenatori pronti per la Panchina d'Oro, tutto il panorama dei tecnici italiani di Serie A, B e C. Tutti ad ascoltare Bielsa che, dato aggiornato a sei anni fa, aveva visto cinquantamila partite. "Esistono 28 moduli nel calcio, non uno di più", ebbe modo di dire.
Un'ora e mezzo di lezione Tutti ad ascoltarlo. A cercar di capire e carpire. In carriera ha vinto pochissimo: in Argentina, tre titoli. Poi in Europa, dove è stato guida di Espanyol, Athletic Club, Olympique Marsiglia, Lille e Leeds United, solo una Championship con gli inglesi, quindici anni dopo l'ultimo trofeo che è stato l'Oro olimpico con l'Argentina nel 2004. Bielsa tiene una lezione ai tecnici italiani nel tempio del nostro pallone. A porte chiuse e senza telecamere, ha preparato per lunghi mesi quella giornata. Il suo 4-3-3 ma pure il 3-3-1-3. I movimenti dei giocatori, la fase difensiva, gli attacchi al centro, gli esterni, gli otto uomini nella fase d'attacco. 28 moduli, non uno di più, dove disegnare calcio. Mai un'intervista in carriera, almeno negli ultimi vent'anni, solo calcio e solamente calcio. Tanto gioco, forse più di tutti, anche se di recente dirà che "provo a imitare Guardiola ma non ci riuscirò mai". Però pochi risultati. Cosa resterà?


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