Ibra ascoltato dalla Procura FIGC. Verso Lukaku non ci fu alcuna discriminazione razzista

Zlatan Ibrahimovic è stato ascoltato ieri mattina, a Casa Milan, dalla Procura federale sui fatti del derby di Coppa Italia e sullo scontro con Romelu Lukaku. Presenti l’avvocato Fabio Esposito, rappresentante della Procura, l’avvocato Lorenzo Cantamessa, legale del club e difensore dello svedese. A condurre l’interrogatorio, collegato in videoconferenza, Giuseppe Chiné, capo della Procura. Il colloquio è durato circa un’ora, e Ibra ha ribadito il concetto già espresso sui social: non c’è mai stato spazio per il razzismo per lui, e lo stesso vale ovviamente per quanto successo la notte del 26 gennaio. La frase incriminata è nota: "Chiama tua madre, vai a fare i tuoi riti voodoo di merda da un’altra parte". Per i difensori di Ibra, però, è nota anche la genesi di quelle parole, che attingono a un episodio del passato che in Inghilterra (nel 2017) aveva fatto scalpore: il proprietario dell’Everton Farhad Moshiri raccontò che Lukaku si era rifiutato di rinnovare il contratto con i Toffees perché la madre aveva ricevuto il suggerimento di farlo firmare con il Chelsea durante un rito voodoo.
Ricostruzione sempre negata dal belga, ma discussa dai tifosi e dalla stampa d’Oltremanica. A Ibra è stato chiesto di spiegare il perché di quella frase e lui, con grande serenità, ha detto di aver fatto riferimento a un fatto risaputo (i due erano compagni di squadra all'epoca). Al belga, scrive La Gazzetta dello Sport, la vicenda ha sempre dato fastidio e lo svedese l’ha tirata fuori a San Siro per punzecchiare il rivale, colpendo nel segno. Quello che conta per Ibra e per il Milan, in ogni caso, è che le accuse di razzismo possano cadere: questa è la tesi difensiva, in attesa delle valutazioni di Chiné. "Little donkey", nel gergo calcistico inglese non sta per "asinello" ma per "scarsone". Ibra sarebbe partito insomma da un intento canzonatorio, usando l’arma del trash talking come era già successo con Zapata durante Milan-Atalanta.
