Il mistero della morte di Maradona diventa "il più grande caso nella storia giudiziaria argentina"

"Il più grande caso nella storia giudiziaria argentina". Questo rischia di diventare la vicenda della morte di Diego Armando Maradona, che sta coinvolgendo tutte le persone vicine al Pibe negli ultimi giorni di vita. Una storia sempre più cupa e un'indagine cominciata dopo la deposizione di Dahiana Gisela Madrid, infermiera di 36 anni della Croce Rossa argentina con più di dieci anni di esperienza, presente nella villa di Tigre in quelle ore drammatiche. La donna ha ammesso di essere stata costretta a fare una falsa denuncia: aveva detto di essere entrata nella camera di Diego, in quel fatidico 25 novembre, per controllare i segni vitali ma in realtà lo aveva lasciato riposare per tutta la mattinata. Maradona è stato lasciato solo ed è morto.
Dopo questa svolta, sono iniziate le domande: c'era qualcosa di più dell'insufficienza cardiaca che ha portato all'edema polmonare? Diego è stato davvero assistito nel migliore dei modi? Per quale scopo l'infermiera aveva mentito inizialmente, scrivendo una relazione falsa? E cosa succedeva in quella casa? Chi dava gli ordini e organizzava tutto? Sembra un romanzo, che giorno dopo giorno si arricchisce di nuovi capitoli: come spiega Olé, i risultati dell'autopsia hanno accertato che Diego è morto principalmente a causa di un'insufficienza cardiaca, ma non stava assumendo farmaci per la sua malattia. E in più, nella sua stanza non c'era il defibrillatore, né la bombola di ossigeno.
Così, quello che in un primo momento sembrava un normale decesso è diventato un vero e proprio caso nazionale. I pm Laura Capra, Patricio Ferrari e Cosme Iribarren, sotto il coordinamento del Procuratore generale John Broyad hanno aperto un'indagine per morte sospetta e causata da atti sconsiderati o negligenti. Il personaggio chiave intorno a cui ruota la vicenda è Leopoldo Luque, medico personale del Diez: "Non mi biasimo per niente. Sono orgoglioso di ciò che è stato fatto per Diego. Ho cercato di allungare la sua vita, sono responsabile soltanto di amarlo", disse tra le lacrime mentre la polizia faceva irruzione nella sua casa, dove avrebbe trovato prove evidenti di alcuni documenti in cui il dottore aveva falsificato la firma di Maradona.
Quell'espressione, "allungare la vita", si scontra oggi con alcune intercettazioni emerse negli ultimi giorni. La prima risale proprio al 25 novembre, quando rivolgendosi a un collega disse "Il gordo sta morendo". Poi ci sono quelle rivelate ieri da Infobae, che hanno suscitato ancora più scalpore, perché coinvolgono tutto lo "staff" che avrebbe dovuto prendersi cura della leggenda argentina. Le persone più vicine a Diego gli fornivano marijuana e alcol per "sbarazzarsi di lui", e Luque era ovviamente a conoscenza di tutto questo: la sua unica preoccupazione era che il consumo di determinate sostanze potesse emergere dall'autopsia.
Per ora gli indagati per omicidio colposo sono lo stesso Luque (che era già accusato di omicidio dopo una rissa nel 2011, in cui morì un uomo di 43 anni) e la psichiatra Agustina Cosachov, che martedì ha visto la sua situazione giudiziaria ancora più compromessa a causa di "falso ideologico": aveva firmato un certificato in cui affermava che Diego era "vigile e cosciente delle misure di tempo e spazio", ma si è è scoperto che non aveva mai visitato Maradona. Oltre a Luque e Cosachov, sarà ora interrogato tutto il personale che avrebbe dovuto assistere Diego (in tutto 14 persone). Gli interrogatori potrebbero quindi aiutare a chiarire cosa sia realmente successo in quella casa "maledetta".
