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Torino, Zapata: "Rinnovo bel gesto del presidente. Non amo i soprannomi, tipo 'vitello'..."

Torino, Zapata: "Rinnovo bel gesto del presidente. Non amo i soprannomi, tipo 'vitello'..."TUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
ieri alle 13:00Serie A
di Simone Lorini

Duvan Zapata, intervistato dal canale YouTube della Lega Serie A ha parlato della recente visita alla collina di Superga e della sua lunga esperienza italiana: "E’ stata una bella esperienza. Sono andato anche pochi giorni prima, c’era poca gente e sono salito a Superga in modo da essere pronto e preparato il 4 maggio. Quando è arrivato quel giorno è stata una bella esperienza. L'avevo già vissuta, non da capitano, al primo anno qua: ho visto che era un giorno sentito, c’era Buongiorno capitano. Viverlo da capitano è stato ancora più emozionante ed è un onore far parte di questo giorno che per tutti i tifosi granata è un giornata triste, ma allo stesso tempo di commemorazione questi campioni e le altre persone scomparse".

Storia del Toro?
"Prima di diventare un giocatore del Toro non avevo ben presente questa storia. Ma una volta arrivato, ci sono persone che ti fanno capire cosa significa il Toro e giocare qui, per questo club e la storia che ha. L’ho subito percepita".

Rinnovo?
"E’ stato un bel gesto del club e del presidente, rinnovarmi non al meglio delle mie performance con questo infortunio grave. E' stato un atto di fiducia nei miei confronti e vorrei ricambiarla in campo. Anche se il campionato è finito, sto lavorando per farmi trovare pronto per la preparazione. Lavorerò in questi mesi perché ho questa responsabilità, visto che sono il capitano e il club ha ancora fiducia in me; ho la responsabilità di far vedere tutte e mie capacità dentro al campo, e quello che riesco anche fuori".

Infortunio?
"Sul momento no ho capito la gravità. Ho sentito che qualcosa era andato male, poi ho iniziato a disperarmi perché non capivo…sapevo che era il ginocchio però non capivo cosa mi fossi fatto. Ricordo che è venuto vicino a me Samu (Ricci, ndr), gli ho chiesto la mano, gli ho detto dammi la mano per favore, perché avevo troppo dolore. Poi mi hanno portato dentro. Mi sentivo male in generale, non al ginocchio: mi si era alzata la pressione. Poi con gli esami è arrivata la conferma di questo infortunio grave".

Arrivo al Toro?
"E’ stata una scelta dura però comunque il Toro è venuto forte su di me. Non era la prima volta, anche in passato ci avevano provato. Questa volta ho approfittato di questa opportunità di arrivare in un club importante, quindi ho accettato".

Interesse della Roma?
"Sì, prima del Torino mi voleva fortemente la Roma, poi per alcune cose non si è realizzato. Qualche giornata dopo, penso la seconda o terza partita con il Toro, ho segnato il mio primo gol con i granata proprio contro la Roma. Il calcio a volte è così".

Sognavi la serie A?
"Il nostro sogno è giocare in Europa, non saprei dire in quale campionato. Da bambino ho seguito sempre la serie A, la Premier, la Liga: passare dalla Colombia in Argentina era già un bel salto, per noi in Sud America è importante. Se tu facevi bene lì, sapevi che si sarebbero aperte le porte per un arrivo in Europa. Altri già da piccoli fanno vedere di essere pronti anche senza salto, nel mio caso è stato importante aver giocato due anni in Argentina: così mi sono preparato per l’Europa con gli step giusti".

Cos’è il calcio?
"Un amore a prima vista, ho sempre giocato da bambino anche senza scarpe. Quando ho finito la scuola giocavo già in prima squadra all’America de Calì, a 20 anni sono andato all’Estudiantes".

Tanti soprannomi?
"Li accetto, ma non mi piacciono… Lascio che la gente si diverta. Il primo è stato ‘vitello’, anche se non ricordo il perché. Ero in Primavera, il mister si lamentava e mi chiamava così. Anche i miei compagni mi prendevano in giro…"

Legame alla Colombia?
"Sono andato via da tanto tempo, ma cerco di andare ogni anno nella mia terra e dalla famiglia. Non so se un domani tornerò a vivere lì. A casa mia siamo in Colombia, parliamo quella lingua".

Futuro?
"Non ho tantissimi anni da giocare, poi vediamo. Non farò certamente l’allenatore, mi piace di più il direttore sportivo o lo scouting: sono bravo a vedere potenziale dove gli altri non lo vedono. Poi magari quando smetterò faro un’altra cosa, non lo so".

Nazionale?
"E’ da più di due anni che non mi chiamano più con l’attuale ct. Certo che mi manca, chi non vorrebbe giocare in Nazionale…Ho fatto una buona stagione ma non mi ha chiamato, in precedenza mi arrivavano pre-convocazioni: facendo bene con il Toro, una cosa porta l’altra".

Napoli?
"Due anni speciali, ho trovato tanti campioni e i sudamericani mi hanno accolto bene. Sono contento della loro vittoria dello scudetto. Questa città la porto nel cuore, mio figlio è nato lì: ho sempre un bel ricordo. A Napoli non giocavo mai, mi serviva continuità. Ma nei pochi minuti giocati ho segnato e fatto vedere le mie qualità. Poi Udinese e Samp mi hanno aiutato a farmi vedere di più, infine all’Atalanta sono esploso".

Atalanta?
"Ho vissuto la mia stagione migliore lì, fino ad oggi. All’inizio non capivo come giocasse la squadra, nelle prime giornate non riuscì a segnare per circa 15 gare. Poi è venuto tutto spontaneo, ho fatto quattro reti in una partita e ho conosciuto i concetti di Gasperini. Sono stati anni importanti per me, è tutto merito anche delle persone che mi hanno aiutato: ogni attaccante che arriva a Bergamo si stufa di fare gol. Gasp ha concetti importanti, se li capisci fai bene. E lo hanno dimostrato anche gli attaccanti che sono venuti dopo".

Gasperini?
"Per me, ha una personalità che stimola a non accontentarsi mai. E’ sempre sul pezzo, ti obbliga a dare sempre qualcosa in più. Mi fermavano solo gli infortuni…".

Addio a Bergamo?
"Non è stato facile, sono stati 5 anni bellissimi. Abbiamo fatto la storia del club, ma avevo capito che era un percorso finito. L’ho accettato con grande responsabilità, sapevo che avrei continuato in Italia".

Toro presente e futuro?
"Sì, è qua. Voglio far vedere le mie potenzialità per trascinare i compagni. Ho questo obbligo non tanto da capitano, ma da leader: voglio mostrare la strada giusta per l’obiettivo".

Sfida con Dybala per marcatore più prolifico in attività in serie A?
"Non ci penso, è una cosa mediatica. Non è un obiettivo, non lo sapevo nemmeno…I miei traguardi sono altri, più di gruppo".

Passioni?
"Mi piace il football americano, lo guardo quando riesco".

Idoli?
"Henry e Drogba, tra Arsenal e Chelsea mi piacevano molto. Tra i due scelgo Drogba: da piccolo fingevo di essere lui".

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